L'INTERVISTA

Lavorare come proiezionista"Bellissimo, emozione unica"

Ha 31 anni Vittorio Andria e dal 2006 è operatore cinematografico di cabina: "L'unico problema, a volte, è combattere la solitudine, ma spegnere le luci e dare il via è una sensazione unica, di potere"

Vittorio Andria, 31 anni e da oltre un decennio nell’Ente Autonomo Giffoni Film Festival. L’assunzione però, arriva solo nel 2001 con la qualifica di maschera.
Poi, il 14 dicembre del 2006, consegue il tesserino che lo abilita alla professione, dopo aver sostenuto una prova orale ed una tecnica al cinema Augusteo di Salerno.
Vittorio, come si diventa operatore cinematografico di cabina?
"E' necessario innanzitutto avere la passione per questo mestiere. Poi, per conseguire il tesserino, bisogna sostenere un esame orale alla Prefettura di Salerno e superare una prova tecnica".
La prova orale in cosa consiste?
"Devi rispondere a domande tecniche sulle macchine di proiezione e conoscere tutte le norme per la sicurezza in caso d’incendio".
E quella tecnica?
"Consiste nel sapere avviare la macchina, montare il film e proiettarlo".
Quali caratteristiche deve avere una persona per fare questo lavoro?
"Buon occhio, pazienza, conoscenza delle tecniche di proiezione e, soprattutto, una buona capacitá di resistenza alla solitudine".
Perché?
"A volte capita di entrare in cabina di proiezione alle quattro del pomeriggio e uscirne anche all’una di notte. E la solitudine ti assale. Poi il nostro è anche un lavoro dissacrante se pensi che il sabato sera, mentre tutti sono fuori a divertirsi, tu sei lì dentro solo con la tua macchina da proiezione".
A te tutto questo pesa?
"No. Innanzitutto perché amo questo lavoro e non lo cambierei con nessuno al mondo. E secondo perché, fortunatamente, ho dei buoni amici che magari il sabato prima di uscire aspettano che esca dal cinema".
Che emozione si prova quando si proietta?
"E' un’emozione unica. Spegnere le luci e dare il via alla proiezione è bellissimo. Sapere che sotto ci sono tante persone che aspettano te per vedere il film, ti dá un senso di potere".
Il primo film che hai proiettato?
"La sposa cadavere" di Tim Burton, un film al quale sono particolarmente affezionato.
Quello più lungo?
"Un episodio di "Pirati ai Caraibi". Era suddiviso in nove parti".
E quello più corto?
"3ciento" appena cinque parti.
Tu parli di parti. Capiamo meglio allora come è fatto un film?
"Il film arriva suddiviso in parti, appunto, meglio conosciute a tutti come pizze. Le pizze, al contrario di tanti anni fa che erano fatte in pellicola, ora sono in celluloide. Sopra vi è scritto "inizio" e "fine" e poi vanno attaccate su due lati: il lato matto che è quello con il collante e il lato lucido".
Che macchina avete al Cinema Truffaut?
"Noi abbiamo una splendida Victoria V, prodotta dalla Cinemeccanica di Milano. è una macchina di ultima generazione, fabbricata agli inizi del Duemila, con una lampada Xenon da 400 ampere, cui va data una potenza di circa 380 volts e riesce a riprodurre ventiquattro fotogrammi al secondo. Una vera potenza".
Mai capitato di commettere errori?
"Qualche volta capita di andare fuori quadro, perciò occorre molta attenzione in questo mestiere.
Nell’immaginario collettivo il "protezionista" ha assunto il volto di Philippe Noiret nel film "Nuovo Cinema Paradiso" di Giuseppe Tornatore. Tu invece sei giovanissimo, forse il più giovane operatore della nostra provincia. Quali differenze ci sono tra il lavoro dell’operatore di ieri e di oggi?
"Sicuramente mi ritengo molto più avvantaggiato e fortunato. Oggi il lavoro è molto più comodo e meno rischioso. Prima non potevi staccarti un secondo dalla macchina, altrimenti c’era il rischio che la pellicola prendesse fuoco e allora bisognava coprire la macchina con una coperta di amianto che ha causato tante malattie e qualcuno è addirittura morto. Oggi è davvero tutto più facile".
L’arrivo del digitale potrebbe compromettere il tuo lavoro. Sei preoccupato?
"Si. Ma se deve succedere, io non potrò farci nulla".
Manca poco al 38º Giffoni Film Festival. Sei pronto?
"Ormai sono due anni che lavoro al Festival come operatore. Sono preparato. Ma l’ansia c’è sempre. Fa parte del nostro bellissimo ed affascinante lavoro".
Mattia A. Carpinelli