Laureati, pauroso aumento del numero di disoccupati

Secondo una ricerca AlmaLaurea si è passati dal 20% del 2012 al 33,5%

L’università paga, sì, ma solo nell’arco di un lungo periodo: lo conferma AlmaLaurea (il consorzio interuniversitario che vuole avvicinare i giovani al mondo del lavoro) attraverso l’ultimo rapporto pubblicato dal sito. Nel campus salernitano la disoccupazione cresce e risulta perfino più consistente fra chi ha conseguito il titolo magistrale, lievitando dal 20 per cento (dato relativo all’anno precedente) al 33,5 per cento per il 2013. Ad essersi laureati sono stati in circa 4mila, con un’età media di 26 anni al momento del coseguimento del titolo. Hanno deciso di proseguire con un percorso di formazione post-laurea il 39,5 per cento dei laureati. Poco incoraggiante la situazione se si considera che a lavorare, a tempo indeterminato o autonomo, sono solo il 23,4 per cento dei dottori.

Non è rassicurante il quadro se si prendono in considerazione le caratteristiche dell’impiego: il 31,2 per cento sta proseguendo il lavoro precedente alla conclusione del percorso di studi, a volte nemmeno inerente con la facoltà frequentata. Ad aver dichiarato, invece, efficace la propria laurea per il lavoro svolto è il 43,5 per cento dei giovani, un dato superiore a quello del 2012 che vedeva tale valore fisso intorno ai 30 punti percentuali. Al ribasso, invece, la media dei guadagni mensile netti che tocca i 795 euro. Le tradizionali differenze retributive di genere risultano inoltre accentuate: gli uomini guadagnano, infatti, il 41 per cento in più delle colleghe. In cima alla lista delle facoltà con maggior numero di laureati occupati rientra: Scienze della Formazione con circa il 50 per cento di impiegati. Segue Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali (poco meno del 50 per cento di neolaureati) che, entro un anno dal conseguimento del titolo di studi, è riuscito a firmare il primo contratto. Al terzo gradino del podio, invece, compare Farmacia, seguita da Lingue e Letterature Straniere.

A pochissima distanza si posiziona Lettere e Filosofia. Si continua con le Facoltà di Economia ed Ingegneria. Mentre ultima si posiziona Giurisprudenza: non più del 16 per cento, dopo l’iscrizione all’ordine, ha potuto iniziare ad applicare le proprie conoscenze in uno studio legale. In graduatoria manca Medicina a causa dell’assenza - fino ad oggi - di corsi di specialistica che avrebbero permesso il conseguente ingresso nel mercato del lavoro agli studenti. Passa, inoltre, il concetto che “prima si inizia a lavorare, meglio è”: per oltre 2 giovani su 5 frequentare l’università in questo momento non dà la certezza di trovare un riscontro contrattuale, anzi. La crisi c’è ed i datori di lavoro cercano sempre più dipendenti con esperienza, quindi circa il 46 per cento degli intervistati è dell’idea che tanto vale iniziare prima possibile, facendo gavetta ed andando a lavorare laddove se ne abbia la possibilità.

Non manca chi, invece, pone speranza nelle consolidate università estere, che tanto fanno parlare di sé e impreziosiscono i curriculum - di chi può permettersi la retta - con la “promessa” di un valido impiego: tre ragazzi su dieci. Senza dimenticare chi, già ha la valigia pronta per esplorare nuovi orizzonti, desiderando di lavorare all’estero: circa il 66 per cento, per poi tornare nel bel Paese in un secondo momento (1 su 2). Una esperienza, quella all’estero che rafforza non solo il curriculum professionale ma che incrementa anche le capacità relazionali e di conoscenza di altre lingue. Un modo per diventare meno “bamboccioni” e trovare una strada occupazionale più rapida.

Rita Esposito

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