Landolfi boccia la Tartaglione

Il segretario provinciale critica gli assalti al governatore «Luna di miele finita? Ma il regionale ha centrato gli obiettivi?»

Mentre la segretaria regionale del Partito democratico, Assunta Tartaglione si chiude le dita nella porta convocando una assemblea regionale alla quale partecipano 35 delegati su 257; nel Pd campano è ancora caccia alle streghe dopo la sconfitta referendaria. Sul banco degli imputati c’è soprattutto il presidente della Regione Campania. Le sue uscite (quelle “fritture” che hanno fatto il giro del mondo), la sua guida autoritaria, ma anche una gestione salernocentrica che non piace a tutti. Rialzano la testa le diverse etnie di renziani anche e soprattutto dopo i segnali non proprio distensivi arrivati al vertice di Palazzo Santa Lucia da Roma. Gentiloni dovrebbe congelare la nomina a commissario della sanità, un segnale forte. Per alcuni fortissimo. Vincenzo De Luca non si muove, anteponendo alla tattica politica la sua pragmaticità. Forse anche questa è tattica.

Ma il dibattito è aperto e si avvia a una resa dei conti. Matteo Renzi è pronto a rimodulare la squadra nazionale della segreteria democrat (con l’ingresso del sindaco di Ercolano Ciro Buonajuto). E se ciò dovesse accadere, allora sarebbe anche il momento che «si rivedano gli assetti della segreteria regionale». Tra gli assenti all’assemblea regionale di giovedì, anche il segretario provinciale Nicola Landolfi. Motivi «personali» lo hanno tenuto bloccato in città ma era chiaro che quella al centro Don Bosco era una «assemblea balneare». Insomma un flop annunciato, figlio anche di una incapacità organizzativa. «La data forse non era delle migliori – confessa Landolfi – soprattutto in concomitanza con un consiglio regionale e altri appuntamenti importanti soprattutto con la pattuglia dei parlamentari campani impegnata a Roma». Landolfi non nega che ci sia un problema e auspica «una discussione ampia dopo il sei gennaio». Una discussione politica che indaghi «anche sulle ragioni della sconfitta al referendum» che per Landolfi «non è da attribuirsi ai notabilati ma un malessere sociale che deve essere ulteriormente approfondito». Il modello a cui guarda Landolfi è quello di un Pd che spinga a «una maggiore coesione tra il partito e il governo della Regione Campania». L’equazione giusta sarebbe quella di una «vicinanza collaborativa con il presidente De Luca in un regime di autonomia». E per farlo è necessario avere «una segreteria che non sia “geometrica”» che tradotto significa non costruita su con tatticismo tanto per accontentare tutte le anime del partito. Una segreteria che sia capace di guardare «realmente ai territori e di rappresentarli in maniera omogenea». In pratica «organizzare un partito regionale, che difende e rafforza la radicalità delle decisioni che De Luca prende e, contemporaneamente, allarga sempre di più i livelli della partecipazione, che servono sia ad alzare le difese immunitarie della nostra azione che a costruire quella esigenza di elaborazione e di proposta che è il terreno proprio del partito». Landolfi respinge anche l’affondo di Buonajuto: «Basta con la retorica dell’uomo solo al comando. Questa cosa non c’ha portato bene». Del resto, aggiunge, «fino a oggi l’unico uomo che ha fatto vincere il Pd in Campania è Vincenzo De Luca». Una stoccata sibillina, quella di Landolfi soprattutto in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. Il primo dei quali dovrebbero essere le primarie di coalizione e poi ovviamente le Politiche. Appuntamenti, che alla fine, si vincono con i voti e quelli, malgrado la debacle in Campania, hanno pochi nomi e cognomi. Dunque, più che pasrlare di «luna di miele finita – conclude landolfi – sarebbe il caso di interrogarsi se il mandato della segreteria regionale è stato rispettato o no».

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