Landi morì in carcere Per gli inquirenti fu omicidio colposo 

Chiuse le indagini sui due medici che visitarono il 36enne Il pm: «Omisero analisi e ricovero, negando cure adeguate»

Alessandro Landi poteva forse salvarsi, se i medici del carcere che lo visitarono per un persistente dolore al torace avessero eseguito altri accertamenti o avessero deciso per il ricovero in ospedale. Invece ne disposero per due giorni di seguito il ritorno in cella, «così definitivamente precludendo alla persona offesa – si legge negli atti dell’inchiesta – la possibilità di ricevere adeguate cure». È la conclusione a cui è giunta il sostituto procuratore Elena Cosentino, che ha notificato a due medici in servizio nella casa circondariale l’avviso di conclusione delle indagini. Toccherà adesso a loro provare a farle cambiare idea, chiedendo di essere interrogati oppure depositando memorie difensive e consulenze tecniche.
Era il 23 dicembre dello scorso anno quando il 36enne di Matierno chiese l’aiuto dei medici. Era stato arrestato a settembre, nell’ambito del blitz Italo che aveva sgominato un vasto giro di spaccio; gli inquirenti gli avevano contestato il reato di sfruttamento della prostituzione perché una delle assuntrici di eroina era finita sulla strada per pagarsi le dosi e pare fossero gli stessi spacciatori a procurarle alcuni clienti. Così, sebbene incensurato, Landi fu lasciato in carcere dal Tribunale del Riesame, che confermò l’ordinanza cautelare. Tre mesi dopo, nella sera di Natale, morì per una dissezione aortica, e la moglie decise di rivolgersi all’autorità giudiziaria per capire come fosse stato possibile che quel giovane all’apparenza in salute fosse venuto meno d’improvviso per un malore cardiaco, lasciandola sola con un bimbo di 11 anni da crescere. Il legale Agostino Allegro presentò denuncia in Procura e ora, dopo sei mesi d’indagine, il magistrato ha chiuso il cerchio ritenendo responsabili di omicidio colposo entrambi i medici che visitarono Landi nelle 48 ore prima della morte.
La prima richiesta di aiuto è del 23 dicembre, quando il 36enne chiese di essere accompagnato in infermeria lamentando un forte dolore al petto. Il medico di guardia, G.B., lo visitò ma non ritenne che fossero necessari né gli esami per la ricerca di enzimi cardiaci né un elettrocardiogramma a dodici derivazioni, che avrebbero consentito una diagnosi corretta della patologia. Secondo gli inquirenti non avrebbe tenuto conto di quanto veniva riferito in termini di insorgenza e durata della patologia e soprattutto omise, «a fronte di un dolore toracico atipico», di prescrivere un ricovero in ospedale che avrebbe potuto garantire al paziente un monitoraggio costante e un immediato trasferimento in terapia intensiva in caso di emergenza. Il giorno dopo il copione si ripete con un altro medico, N.C., che visita anche lui il detenuto ma non ritiene necessario né il ricovero né ulteriori accertamenti diagnostici. Così Alessandro Landi torna in cella, ma poche ore dopo, alle 23.30 del 25 dicembre, muore per una dissezione aortica.
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