«La sinistra divisa io non la capisco» 

Rosania : «Così si spinge l’elettorato verso i populisti Occorre costruire un unico soggetto progressista»

SALERNO. «Io da comunista sono incazzato. È un film già visto. Questo tipo di sinistra, così come è, non andrà da nessuna parte». Ad alzare la voce è Gerardo Rosania. L’ex sindaco di Eboli. Storico dirigente comunista che sotto la falce e il martello di Rifondazione, dal ’96 al 2005, per due mandati, guidò la città della Piana del Sele diventando un modello amministrativo e culturale per una intera generazione di militanti. «Io sto seguendo il dibattito della sinistra comunista – spiega – Lo seguo e non lo capisco».
Cosa è che non capisce?
A sinistra del Partito democratico abbiamo avuto la polverizzazione di forze politiche che, prese singolarmente, non hanno nessuna possibilità di avere una rappresentanza istituzionale. Da Campo progressista a Articolo 1 passando per Sinistra Italiana, Rifondazione, Comunisti Italiani, Tsipras, Possibile, Pci e quant’altri c’è una grande confusione. E se questa confusione la tengo io, figuriamoci un elettore.
Ci sarebbe bisogno di unità?
Sì! Ma a pochi mesi dalle elezioni io ancora non ho capito se questi partiti alternativi al Pd stanno insieme oppure no. Sento ancora parlare di difesa delle soggettività: ma quali sono queste soggettività?
Per Rosania invece cosa bisognerebbe fare?
Costruire un unico grande soggetto progressista di sinistra.
Ma non furono queste le premesse della nascita del Partito democratico?
Sì! Anche se poi il Pd ha spostato sempre più a destra il suo orizzonte. Convinti, come sono, che il popolo della sinistra li avrebbe comunque seguiti. Ma così non è stato.
Ma esiste ancora il popolo della sinistra?
C’è una prateria. Ma è chiaro che in questa confusione non riconosci più l’interlocutore politico. C’è bisogno di una grande forza di sinistra.
Ne è convinto?
Guardi noi abbiamo attraversato una grande crisi che è stata in parte superata sulla pelle dei lavoratori che hanno rinunciato ai loro diritti e ai loro contratti di lavoro. Un bagno di sangue che hanno pagato i più deboli. Difronte a una crisi così pesante il nostro elettorato non ha trovato interlocutori capaci di intercettare questo malessere, spingendo la gente verso forze populiste o ampliando la forbice dell’astensionismo. E oggi cosa si fa? Ci si continua a dividere.
Divisioni che servono a qualcuno a difendere posizioni di rendita?
È possibile. Non escludo che il nostro elettorato pensi anche a questo. E forse anche per questo motivo non vota più a sinistra.
C’è chi immagina di affrontare le Politiche sotto l’ala di un “cartello” unico. Servirà a qualcosa?
Io mi aspetto da dirigenti un forte senso di responsabilità. Abbiamo l’obbligo di costruire un soggetto politico alternativo al Pd. Già in Francia e Spagna ci sono dei tentativi e questo significa che in tutta Europa si sente questa necessità. Prima si costruisce un soggetto unico e poi si discute di alleanze.
In Italia c’è stato il movimento del Brancaccio di Roma...
Che ci dice che c’è una forte tensione che viene dal basso a unirsi. Se questo non lo capiscono i grandi partiti... non so che dire.
Lei cosa farà?
Io resto comunista. Ho la tessera di Rifondazione. Ma la mia generazione deve fare un passo indietro perché ha fatto il suo tempo: nel bene e nel male. Il nostro vissuto è troppo pesante è ora di cedere il passo ai giovani.
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