Economia

La sfida dei giovani che sono restati 

Ma c’è anche chi è andato all’estero perché in Italia ritenuto troppo qualificato

SALERNO. «Mi dispiace, lei è troppo qualificato per questo lavoro». È la risposta che, molto spesso, si è sentito rivolgere, dalle aziende a cui aveva inviato il suo curriculum. Così Marco Landi, 30enne ingegnere elettronico salernitano, ha fatto le valige e, ora, lavora nel Regno Unito, nell’agenzia per l’innovazione. La sua, però, tiene a precisare, è stata una «scelta libera» e non condizionata dall’assenza di lavoro. Anche se Landi evidenzia come nel Mezzogiorno «il mercato del lavoro sia piuttosto lento e penalizza chi ha titoli e competenze». Tant’è che tutti i suoi compagni di corso dell’Università salernitana lavorano «all’estero oppure nel Nord Italia». «L’Italia mi ha dato tanto, a partire dalla cultura e dalla formazione – aggiunge Landi – e ciò che un po’ mi rattrista è che non ho potuto mai mettere al servizio del Paese le mie competenze». In Italia, tuttavia, a detta di Landi, gli under 35 pagano ancora un gap rispetto ai loro colleghi d’oltremanica. «Nel Regno Unito la maggior parte dei miei coetanei – rivela l’ingegnere salernitano – hanno un lavoro, sono sposati e vivono in una casa di proprietà. Una condizione quest’ultima difficile da trovare anche in Italia». Al di là delle difficoltà, tuttavia, Landi non esclude un suo ritorno in patria e, in particolare a Salerno. «Mi piacerebbe potere dare il mio contributo – conclude – e rientrare in Italia anche perché comincio a sentire la lontananza dalla famiglia e dai miei luoghi d’origine».
La storia di Landi è una delle sette testimonianze di giovani che si sono alternati sul palco dell’Augusteo, nel corso dell’assemblea di Confindustria. Landi, però, è l’unico cervello in fuga. Al contrario di Vincenzo Marano, che ha fatto il percorso inverso, tornando nel Belpaese dopo un’esperienza di sette anni negli Stati uniti. «Non è stato facile rientrare» confessa Marano, che ora è responsabile del centro sviluppi della Mecaprom. «Non sono comunque pentito – chiarisce – anche se non è stato un percorso agevole. Credo nel Sud e il fatto che sia rientrato è significativo, in quanto mi sono rimesso in gioco». Non disdegnerebbe un’esperienza all’estero Vincenzo Acconcia, 24 anni, laureato in Economia e commercio. «Ho già avuto esperienze con Erasmus – rimarca – e consiglio a tutti gli universitari di partecipare a questo programma». La sua speranza, comunque, è di «mettere a disposizione del Paese ciò che ho appreso all’Università». Dalla ricerca universitaria è passata alla ricerca privata Irene Di Gianbattista, ingegnere salernitano che dopo un’esperienza nell’ateneo adesso lavora alla Fos. «Fare ricerca – precisa – è una necessita imprescindibile in tutti i settori». In Italia ha trovato il suo Eldorado Abul Alkaden Milik, 29enne tunisino, giunto nel 2011 con un barcone. Adesso lavora a Cava de’ Tirreni, nel ristorante dell’hotel Scapolatiello.
«Ho le stesse opportunità degli italiani – ammette – in quanto se si fa bene il proprio lavoro non si hanno mai problemi». I più giovani “testimoni” sono Andrea Carluccio, 19 anni di Pontecagnano Faiano, e Michele Marrone, 20 anni di San Cipriano Picentino, che grazie al progetto di alternanza scuola hanno trovato un’occupazione subito dopo il diploma.
«Ho conosciuto la Cti Foodtech grazie all’iniziativa Pmi Day – spiega Carluccio – Da lì è partita l’idea di effettuare il percorso di alternanza scuola lavoro nell’azienda. Un’esperienza che mi ha aiutato a crescere umanamente e professionalmente».
«L’azienda mi ha accolto come una famiglia – conferma Marrone – e ho trovato una realtà innovativa ed attenta alle esigenze dei giovani. Il progetto di alternanza scuola lavoro ha rappresentato un trampolino di lancio per la mia carriera ed una grande opportunità di formazione». (g.d.s.)
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