LA STORIA

La seconda vita di Carmen Neacsu

«Sono viva grazie a un fegato “nuovo”, donare gli organi è il gesto più autentico»

EBOLI - «Sono viva per miracolo, grazie ai medici dell’ospedale Ruggi di Salerno e del Cisanello di Pisa». Carmen Neacsu ha 39 anni, è rumena, fa la badante. «A 13 anni mi fu diagnosticata una grave patologia al fegato. Purtroppo in Romania non c’era la possibilità di curarsi ». A 18 anni, Carmen inizia a lavorare come sarta. Poi va in fabbrica. Undici anni fa arriva a Eboli, con un’amica. Trova una famiglia che la ospita, come badante. Il fegato peggiora, la pancia si gonfia. Le fitte di dolore sono frequenti. Carmen si rivolge a un medico di Battipaglia, inizia una cura. Ma non funziona. La situazione si aggrava. Carmen finisce in ospedale, a Eboli. Da qui la trasferiscono a Benevento. Dove le dicono che il fegato funziona al 40 per cento. C’è bisogno di un trapianto urgente.

Carmen torna a Eboli, è costretta a stare a letto. I dolori e i gonfiori non le danno tregua, perde anche i capelli. All’ospedale di Eboli le fanno un nome: vai dal professore Persico al Ruggi d’Aragona. Carmen è sfiduciata: «Avevo messo già da parte i soldi del funerale, a Benevento non mi diedero speranze di vita».

A Salerno arriva la svolta. «Il professore Marcello Persico mi ha salvato la vita». Il fegato di Carmen è al capolinea. In Campania le liste d’attesa per un trapianto sono lunghe. Persico fa il “miracolo”. Contatta l’ospedale Cisanello di Pisa. I sanitari strabuzzano gli occhi. Le condizioni della 39enne sono pessime. Rischia la vita, senza trapianto. Di lì a poche settimane, la badante sarebbe morta: «Non riuscivo più a stare in piedi» ricorda. A Pisa, arriva il miracolo. «Erano le due del pomeriggio, quando mi hanno chiamata. Ho fatto la valigia, sono andata a Napoli. A Capodichino sono venuti a prendermi con l’elicottero».

La badante arriva al Cisanello, si prepara al trapianto. Ma il primo fegato non è compatibile. Sembra una maledizione, una condanna a morte. «Stavo per tornare a casa, ma i dottori Gabriele Catalano e Paola Carai , a cui devo la vita, mi hanno detto di aspettare, di non demordere». I camici bianchi pisani si rivolgono alle adozioni internazionali. Passano cinque giorni, Carmen riceve un’altra telefonata. C’è un altro fegato disponibile, questa è la volta buona. Carmen corre in ospedale, la sensazione è quella giusta. È la volta buona. Il fegato è compatibile. Entrata in sala operatoria a mezzanotte, ne uscirà dopo 11 ore. «Mi hanno svegliata dicendomi che il trapianto era andato bene. Sono viva per miracolo. Donare gli organi è una cosa meravigliosa. Io ero spacciata, ora sono viva».

Nel cammino verso la “seconda” vita di Carmen un ruolo importante lo hanno svolto due associazioni: «Voglio ringraziare Ivan Gardini e Tina Muscio dell’Epac di Salerno. E Marco d’Elia delle Vite di Pisa. Sono stati i miei angeli custodi. I miei badanti- sorride Carmen- in questi giorni terribili ma meravigliosi».

(f.f.)