La scuola “Calamandrei” non è mai stata accatastata 

Dopo oltre trent’anni si scopre che manca il decreto di esproprio dell’area Ora il Comune dovrà ripresentare la dichiarazione di pubblica utilità

La scuola pubblica non era accatastata. Sono passati quasi trent’anni, e a Palazzo di Città nessuno s’è mai ricordato d’emettere il decreto d’esproprio per l’area sulla quale sorge la “Calamandrei”. E mentre l’Agenzia del territorio accatasta d’ufficio la particella, in municipio si corre ai ripari reiterando la dichiarazione di pubblica utilità e predisponendo l’emissione dell’atto acquisitivo.
In Comune vien fuori l’ennesimo pasticcio burocratico risalente al passato. Una vicenda paradossale, riguardante la scuola elementare dell’istituto comprensivo “Marconi”: la “Calamandrei”, com’era nota prima del dimensionamento scolastico. Nella prossima seduta, giovedì prossimo, i consiglieri comunali, guidati dalla sindaca Cecilia Francese, dovranno confermare un’opera di pubblica utilità ultimata negli anni Novanta: atto propedeutico all’emanazione, nei prossimi dodici mesi, del decreto d’esproprio.
A Palazzo di Città non se n’era accorto nessuno. A farne le spese poteva essere la famiglia De Bartolomeis, che fino agli anni Ottanta possedeva quasi 9mila metri quadrati di terra dalle parti di via Ionio: di recente, i funzionari dell’Agenzia del territorio hanno preso contatti con i vecchi proprietari dell’area, chiedendo loro l’aggiornamento della struttura al catasto urbano. I De Bartolomeis, stupiti, hanno segnalato l’accaduto a Palazzo di Città. E i tecnici comunali, guidati dal dirigente Pasquale Angione, hanno spulciato le carte negli archivi, rendendosi conto che, in effetti, le aree erano state regolarmente occupate ed erano pure state liquidate le indennità ai vecchi proprietari. Era il 1984 quando i consiglieri comunali, guidati dal sindaco Antonio Concilio, deliberarono l’approvazione del progetto di una elementare a venti aule, dichiarandone la pubblica utilità: un’opera da 2,5 miliardi di lire. Nel 1987 il decreto d’occupazione e l’immissione in possesso, poi, negli anni Novanta, centinaia di milioni di lire d’indennità liquidate alle tre ditte che possedevano gli appezzamenti nell’area.
S’arrivò a maggio 1993 per reiterare la dichiarazione di pubblica utilità, ma del decreto d’esproprio neanche l’ombra. E nel 2017, a trentatré anni dall’avvio della trafila burocratica, vien fuori che a Battipaglia pure gli edifici statali rischiano di non figurare in catasto.
Carmine Landi
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