La “Salerno sparita” rivive nei dipinti di Adriano Paolelli

L’artista racconta la città passata e che rischia di scomparire Nelle sue tele il ristorante Boccadoro e fabbricati abbattuti

SALERNO. Il ristorante Boccadoro sorgeva a ridosso della spiaggia salernitana di Santa Teresa; dalle sue terrazza soleggiate si poteva mangiare guardando il lungomare e la costa verso Sud, ascoltando il mare e respirando l’odore di sabbia e salsedine. L’immagine della taverna salernitana, che prima compariva soltanto in qualche vecchia cartolina, ora è anche su un quadro ad olio.

Il dipinto reca la firma di Adriano Paolelli che sta portando avanti un progetto pittorico monograficamente dedicato alla “Salerno che non c’è più”. Così, se Roesler Franz mise su tela la sua “Roma Sparita”, Paolelli sta concentrando la sua attenzione sulle forme, le atmosfere e i colori di una città che scompare o che rischia di esserlo nei prossimi anni. «Mi piace – spiega l’artista – indagare scorci, particolari, frammenti visivi di una Salerno che parla attraverso le sagome degli edifici, i muri scrostati, le scorie del vissuto». L’indagine comincia agli albori del secolo scorso, con una stazione ferroviaria mutuata da una foto dei primi del Novecento: «Nella tela compare il cartello Salerno, di quelli in voga allora. Le persone in attesa indossano gli abiti che ormai vediamo solo al cinema, nelle vecchie pellicole. Il treno arriva sbuffando vapore ed alle sue spalle l’unico punto di riferimento, che non è mutato, è il castello d’Arechi sul profilo dei monti». Andando avanti nel tempo, sono gli anni ’50 e ’60 a decretare il fermo immagine del cavalletto: Paolelli dipinge quindi i ruderi e i fabbricati abbattuti, come pure le terre sopravvissute alla speculazione edilizia nella zona Orientale e in quello che ancora oggi viene chiamato “Paradiso di Pastena”. In altri quadri sono ritratti paesaggi ispirati dalla litoranea che corre verso il Cilento. La città del passato che resiste è invece quella del centro storico, dei vicoli e dei bastioni, dei palazzi antichi e delle stradine che si perdono nell’ombra dei secoli. Immagini e atmosfere dipinte in dozzine di tele, realizzate con una straordinaria capacità figurativa. Anche se preferisce il linguaggio astratto, Adriano non dimentica la lezione paterna. Suo padre Luigi, scomparso lo scorso febbraio, è stato un autorevole interprete della Scuola Romana ed aveva partecipato a diverse edizioni delle Quadriennali Nazionali d’Arte di Roma. Il progetto della Salerno su tela è un progetto aperto, suscettibile di ulteriori apporti, pronto ad essere incrementato con sempre nuove tele. Le ultime “scendono” letteralmente in spiaggia, si soffermano sui lidi di Mercatello, esasperano volutamente i colori per stemperare i rossi, gli azzurri, i gialli di ombrelloni, cabine, rotonde e ponteggi.

Spesso Paolelli sceglie anche tagli originali: «La prospettiva cambia tutto. Dal primo piano al piano americano: l’occhio guarda come una cinepresa, seguendo una cinematografia interiore, scegliendo sequenze come fossero fotogrammi d’una pellicola». Perché la tecnica da sola non serve: «Deve esserci l’emozione a guidarmi – chiosa l’artista – basta anche una forma che richiama pagine del passato e l’album del tempo continua ad essere sfogliato per la mia tela. Mi affascinano gli echi di memorie visive mai vissute».

Paolo Romano

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