La reliquia del Patrono tra i sofferenti 

Il “braccio” dell’apostolo in ospedale. Il saluto speciale dell’arcivescovo Moretti ai ricoverati nella camera iperbarica

La vita intesa come esperienza straordinaria, fatta di gioia ma anche di momenti segnati dai dolori della malattia e dalla speranza della guarigione. Queste in sintesi sono le parole che ieri l’arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno, monsignor Luigi Moretti, ha rivolto agli ammalati dell’ospedale “Ruggi d’Aragona” di Salerno in occasione della visita programmata per portare la reliquia di San Matteo nel presidio e pregare insieme ai degenti, augurando loro una pronta guarigione.
«Per intercessione di San Matteo, vi benedica», così ha detto Moretti ai tanti ammalati ospiti dei reparti che ha visitato tra i quali il Centro dialisi, l’Osservazione breve intensiva, il Day hospital, i reparti di Rianimazione, Radiologia, Ematologia trapianti e Pronto soccorso. Un saluto speciale l’arcivescovo lo ha rivolto, via interfono, anche agli ospiti della camera iperbarica che altrimenti non avrebbero ascoltato le sue parole. Si è fermato vicino ai letti e ha parlato con gli ammalati: tra gesti di affetto e qualche parola di conforto, più di un paziente ha chiesto di poter baciare o toccare il braccio di San Matteo.
Dunque in occasione degli imminenti festeggiamenti in onore del Santo Patrono, prosegue il tour dell’arcivescovo con il braccio del santo apostolo. Dopo la casa circondariale di Salerno, è stato accolto nel presidio di via San Leonardo (l’arcivescovo è stato già in visita in altre occasioni), dal direttore generale dell’Azienda ospedaliera universitaria, Nicola Cantone. A fare gli onori di casa, nella cappella dell’ospedale, don Vito Granozio, rettore della cappellania ospedaliera universitaria dove è stata celebrata la cerimonia religiosa, alla presenza di lavoratori e qualche degente del presidio. Don Vito ha ricordato con immutato affetto e gratitudine il suo predecessore, don Luigi Zoccola, a un anno dalla sua dipartita e ha invitato i fedeli a non dimenticare di essere guidati dall’amore, sentimento base per la cura e l’assistenza di chi soffre. Moretti ha parlato di San Matteo non solo come apostolo di Gesù ma anche come «testimone della sua resurrezione, facendo in modo che quella esperienza straordinaria sia diventata esperienza per tutti. Ecco perché ha scritto il vangelo, per testimoniare la presenza di Gesù, la salvezza per tutti gli uomini, e noi siamo qui per aprirci ancora una volta a riconoscere che Gesù è presente tra noi, che risorgendo ci ha salvati dando senso e significato al nostro vivere».
Poi la riflessione sulla scelta di Dio di farsi uomo «di condividere la nostra condizione di vita e le sue dinamiche, i momenti di felicità, gioia, sofferenza, di guarigione. Tutto eccetto il peccato». L’arcivescovo ha invitato tutti ad aiutare il prossimo in ogni situazione, come Gesù si è unito a noi nella sofferenza e attraverso la «passione della croce, nell’esperienza della solitudine. “Padre perché mi hai abbandonato”, queste le sue parole prima della morte per la salvezza dell’umanità». Non si deve dimenticare, ha puntualizzato, che «siamo tutti fratelli, ognuno contribuisca a costruire il bene». Infine ha ricordato San Matteo, la sua conversione da esattore delle tasse al banco delle imposte a suo seguace e testimone umano di vita e di morte». Il dg Cantone, citando il titolo del libro di Mario Calabresi “Spingendo la notte più in là”, ha rivolto parole di ringraziamento all’arcivescovo Moretti e a don Vito Granozio per le attività pastorali, per la vicinanza alle persone che soffrono e per aver spronato il luogo deputato all’accoglienza di chi soffre a mettere in campo sempre il massimo dell’impegno e dello sforzo.
Marcella Cavaliere
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