SCAFATI / l’intercettazione

La rabbia di Nappo contro Aliberti nel dossier della Dda

SCAFATI. “Deve fare una brutta fine”. Così il 69enne Vincenzo Nappo, ritenuto storico alleato del boss Franchino Matrone, parlava dell’ex sindaco di Scafati, Pasquale Aliberti, in una conversazione...

SCAFATI. “Deve fare una brutta fine”. Così il 69enne Vincenzo Nappo, ritenuto storico alleato del boss Franchino Matrone, parlava dell’ex sindaco di Scafati, Pasquale Aliberti, in una conversazione telefonica intercettata dai carabinieri del Ros. I fatti risalgono al 2009, quando l’allora sindaco decise di acquisire al patrimonio comunale la piazzetta abusiva costruita a San Pietro da Nappo, terreno su cui ora sorge l’attuale centro polifunzionale e che per l’esponente di Forza Italia è l’atto principale che rappresenterebbe il suo impegno contro la criminalità organizzata.

L’affiliato al clan, in una conversazione finita negli atti relativi alla cattura di Matrone nell’agosto del 2012 ad Acerno dopo una lunga latitanza, dimostra di nutrire astio nei confronti di Aliberti. “Devono buttare il sangue tutti quanti, devono morire uccisi”, diceva a una delle figlie che gli chiedeva conto di quei giorni concitati, mentre era in atto l’esproprio del terreno.

“Questo è il sindaco del Paese. Proprio lui ha calcato la mano dai giudici, ha fatto cambiare i giudici. Ha fatto passare le carte in mano a un altro giudice”. Nappo, infatti, ha sempre pensato che quell’atto fu pilotato dall’allora sindaco, che dopo la sua elezione avviò subito le procedure per l’esproprio della famosa piazzetta del Gesù. “Pensa che ha portato la moglie alla Regione, si prende 15mila euro al mese solo la moglie”, spiegava alla figlia. “Hanno preso il terreno per senza niente e io devo pagare anche l’abbattimento”. E alla domanda della figlia di avere un confronto con Aliberti, Nappo ha detto: “Quello è un uomo di m…, un uomo di niente, deve fare una brutta fine”. Una frase detta con rabbia, che per gli investigatori è parsa una minaccia.

L’episodio è stato tema di discussione del confronto tra l’ex sindaco e la Commissione d’Accesso agli atti che, dal marzo al settembre dell’anno scorso ha lavorato in Comune. Un’ora e mezzo di colloquio, con Aliberti che fu sentito sulle presunte minacce ricevute da esponenti di spicco dei vari clan durante la sua attività amministrativa. L’ex sindaco aveva spiegato di sentire l’aria pesante attorno a lui e che mai si era accorto di minacce dirette dei suoi confronti. Circostanza ritenuta fondamentale anche per la Dda di Salerno. L’ipotesi degli inquirenti, infatti, è che dopo l’acquisizione di quell’area il clan non cercò lo scontro con le istituzioni locali, ma anzi di avviare un dialogo.

Quello sfogo telefonico, dunque, sarebbe rimasto tale. Ma il rapporto, successivamente, avrebbe portato, secondo la Dia, agli intrecci svelati dall’Operazione Sarastra. Tesi questa rigettata da Aliberti, che ha sempre negato qualsiasi tipo di rapporto con la criminalità organizzata. «La camorra l’ho combattuta come potevo, da sindaco di frontiera, con atti forti e coraggiosi», aveva detto nei giorni scorsi.

Domenico Gramazio

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