L'INTERVENTO

La promessa di liquidità tra speranza e requisiti

Partiamo da una premessa e cioè che le Banche sono delle Aziende che hanno come obiettivo quello di salvaguardare il proprio patrimonio che è fatto, per gli Istituti di credito commerciali, dei depositi dei propri clienti. Gli esclusi. Questa salvaguardia passa per la concessione di prestiti ad aziende che devono essere quantomeno sane ante crisi Covid19. Pertanto c’è la possibilità che soggetti economici già decotti ed in crisi prima dello tzunami virologico possano chiedere prestiti suffragati dalla garanzia, situazione questa che per essere scongiurata impone alla banca di fare una istruttoria completa e ponderata sulle capacità di restituzione dei prestiti, almeno nel medio e lungo periodo.

Ovvio che per l’attivazione della contro garanzia statale l’istruttoria debba essere perfetta e questa richiede tempi non brevi. I tanti che hanno già inoltrato il modulo per la richiesta dei 25 mila euro e quanti lo faranno in seguito per richiedere somme molto più elevate sono destinati a rimanere delusi perché in questa fase le banche pur in presenza di una garanzia statale che può arrivare al 100%, difficilmente potranno erogare il prestito in forma automatizzata ed in tempi rapidi. Perché non si tratta di fungere soltanto da erogatore di danaro una volta che il fondo di garanzia ha aperto il rubinetto, poiché non è pensabile per le Banche un’istruttoria superficiale e nello stesso tempo affidabile sulla fotografia e i piani futuri di un’impresa, soprattutto quando questo futuro resta incerto. Il rischio che potrebbe incombere sulle banche non è solo economico ma pure di tipo penale che scatterebbe in caso di bancarotta dell’impresa a cui potrebbe aggiungersi una responsabilità erariale per la presenza della garanzia statale.

Tempi. Motivo per il quale l’analisi bancaria deve essere attenta e scrupolosa per la valutazione del profilo di rischio del cliente con allungamento dei tempi medi, parliamo di non meno di 30 giorni soprattutto per le pratiche da 25000 a 800.000. Nel decreto liquidità andava prevista una deroga alle norme sul testo unico bancario e della vigilanza a cui le banche devono scrupolosamente attenersi. Imprese che presentano esposizioni classificate come “sofferenze” o che hanno delle inadempienze dovute a sconfinamenti possono ritenersi già con un piede fuori dall’elenco dei possibili beneficiari del prestito, nonostante la garanzia statale giammai da considerarsi un “salvacondotto” estraneo alle regole. Bene avrebbe fatto lo Stato a indicare parametri che una volta osservati facessero scattare in automatico i benefici del fondo di garanzia, ma di fatto hanno lasciato all’istruttoria normale alle banche, potendo poi entrare nel merito della concessione. Quindi non ci sono prestiti per tutti a prescinder , bensì solo per quelle aziende che posseggono parametri in linea pre-crisi. Disponibilità delle risorse.

Ma le risorse saranno disponibili per tutti? In realtà soprattutto per i 25 mila euro qualora tutti dovessero effettuare la domande, parliamo di una platea potenziale di 4 milioni e mezzo, allo stato attuale soltanto 200 mila imprese e/o lavoratori autonomi potrebbero essere destinatari del prestito, così senza ulteriori stanziamenti rispetto al 1,7 miliardi in tanti potrebbero rimanere a bocca asciutta. Costi. Non possiamo parlare di prestiti totalmente gratuiti da restituirsi con il pagamento di 72 rate mensili (periodo considerato insufficiente), perché al momento pur rimanendo un enigma la quantificazione del tasso è facile calcolarlo attraverso l’interpretazione della norma dove il tasso di riferimento non dovrebbe essere superiore all’1,2% che scaturisce dalla somma del tasso fissato dalla legge pari allo 0,2% con il tasso di rendimento dei titoli di stato che viene rilevato mensilmente e che ad aprile era pari all’ 1,034%. Dunque non si tratta di finanziamenti a tasso zero, cosa che potrebbe avvenire soltanto con una copertura statale che si faccia carico anche dell’onere finanziario questo perché è lo Stato che deve aiutare le imprese e non le banche che in questa fase svolgono soltanto una funzione di mera intermediazione.

* Dottore commercialista e docente di Politica economica Università Europea di Roma