La pizza senza confini di Alì Diallo 

Il ventenne senegalese giunto due anni fa ha imparato un mestiere, ha casa e fa musica

Marzo 2017: Alì Diallo, giovane rifugiato senegalese, iniziava a ritagliarsi uno spazio nella nostra società (come raccontato dal nostro giornale), tra scuola di italiano, musica e orientamento al lavoro, verso la conquista di una progressiva autonomia. Oggi, a quasi un anno di distanza, il suo percorso di inserimento può definirsi completo: Alì Diallo, 20 anni, lavora come pizzaiolo presso la pizzeria Resilienza, e condivide una stanza in affitto nel rione Carmine con un amico maliano. Il percorso. Originario di Tambacounda, Alì è arrivato a Salerno nel giugno del 2015, appena diciassettenne. Inizialmente accolto in una comunità per minori stranieri non accompagnati, Alì fu trasferito, una volta raggiunta la maggiore età, nel progetto Sprar dall’Arci Salerno. Sfruttando le possibilità offerte dal sistema dell’accoglienza integrata, il giovane senegalese venne inserito in un tirocinio formativo presso la pizzeria per imparare il mestiere di pizzaiolo.
«Ho conosciuto il progetto Sprar attraverso la rete di Funky Tomato – spiega il proprietario di Resilienza, Gennaro Coppeta – Contattai quindi l’Arci per attivare due tirocini, e la risposta fu entusiasta». Alì, invece, era piuttosto titubante. «Inizialmente avevo dei dubbi – confessa – Da mio padre in Senegal ho appreso come fare il pane, avrei preferito continuare su questa strada. Ringrazio lo staff dell’Arci per avermi convinto ad intraprendere questa strada».
Il mestiere. Accettata la nuova sfida, Alì si è lasciato presto conquistare dall’antica arte partenopea della pizza, indiscutibile espressione identitaria e culturale del nostro territorio. Un entusiasmo subito notato dal titolare di Resilienza. «Di Alì ci ha colpito la forza di volontà e l’abnegazione al lavoro, qualità che hanno portato ad un veloce e costante miglioramento – racconta Coppeta – Terminato il tirocinio, c’era la possibilità di assumerlo; ne abbiamo così approfittato per fargli la nostra proposta». La sua crescita professionale è continua. «Alì, inquadrato come aiuto pizzaiolo con regolare contratto, è diventato la colonna portante della nostra attività di panificazione».
Pizza senza confini. Da Resilienza Alì ha trovato un ambiente multiculturale: al bancone è affiancato da due pizzaioli di nazionalità capoverdiana, in cucina ci sono una ragazza romena e un lavapiatti originario del Bangladesh. «È capitato che alcune persone siano rimaste sorprese nel vedere chi impastava le pizze – osserva Coppeta – A Salerno, tuttavia, l’integrazione è da anni un dato di fatto, al di là di proclami e propaganda». Dietro il bancone, la pelle nera di Alì fa risaltare la tradizionale divisa bianca, creando un contrasto cromatico che sembra riflettere la commistione tra i due mondi, Africa ed Europa, che nel giovane senegalese convivono pacificamente. La pizza preferita di Alì, in omaggio alla storia, è proprio la margherita.
La casa. Ben più difficoltosa la ricerca di un alloggio, l’ultimo tassello per uscire dal sistema di accoglienza e raggiungere la piena e definitiva indipendenza. Alì e il suo coetaneo maliano, quest’ultimo regolarmente contrattualizzato da una società che opera presso il porto Marina d’Arechi, si sono dovuti scontrare con la diffidenza e i pregiudizi a sfondo razziale di proprietari e agenzie immobiliari. «Qualcuno ci ha persino detto che le stanze erano riservate agli italiani» aggiunge Alì. Dopo una lunga odissea, i due hanno finalmente trovato una stanza doppia nel rione Carmine.
La musica. A Salerno Alì continua a coltivare la sua grande passione per il rap, sbocciata in Senegal con la crew Koono Crou 52. Dopo aver raccontato il suo viaggio in “Bon Aventure” ed aver partecipato all’Overline Jam di Baronissi, Alì ha prodotto altre due canzoni con il nome di Ro El Fenomeno. “Ro sta per Robinho, il mio calciatore preferito, El Fenomeno è nato poi in musica”. In “Je trahis ma dignitè”, dove una base trap accompagna il suo rap in italiano e wolof, Alì lancia un messaggio a tutti i migranti che, partiti con un progetto di vita in testa, in Europa prendono una brutta strada. «Chi siamo, da dove veniamo, il nostro patrimonio culturale: questi i punti fermi per iniziare una nuova vita altrove senza perdere la propria dignità» scandisce il giovane senegalese.
Il sogno realizzato. A due anni e mezzo dal suo arrivo a Salerno, Alì è perfettamente inserito nel tessuto sociale della città: lavora, vive da solo, comprende il dialetto. A breve tornerà in Senegal per andare a visitare la madre e gli amici, ma il suo futuro è qui. Determinazione, intraprendenza, ma soprattutto il coinvolgimento della comunità salernitana, hanno permesso ad Alì di realizzare il suo progetto di vita.
Alberto Gentile
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