La morte di Anna rimane un giallo «Forse è stata uccisa»

Le motivazioni della Corte non escludono l’omicidio «Ma è impossibile attribuire a qualcuno l’eventuale delitto»

Forse Anna Esposito non si è uccisa. Forse qualcuno l’ha strangolata e forse vi è un collegamento tra la sua morte e l’aggressione che qualche ora prima le avrebbe procurato la frattura di quattro costole, evidenziata da una consulenza di parte eseguita dopo la riesumazione della salma. L’ipotesi dell’omicidio resta in piedi nelle motivazioni con cui la Cassazione ha archiviato in via definitiva l’inchiesta bis sull’unico indagato (l’ex fidanzato della poliziotta) lasciando però aperto il giallo.
La dirigente della Digos fu trovata senza vita il 12 marzo del 2001, impiccata a un termosifone nel suo alloggio di servizio a Potenza. La sentenza della Suprema Corte ha rigettato, ritenendolo infondato, il ricorso con cui il padre della 31enne cavese chiedeva di annullare l’archiviazione del procedimento, disposta dal giudice delle indagini preliminari senza un contraddittorio tra le parti. Nelle motivazioni si spiega però che quella stessa archiviazione non esclude l’ipotesi dell’omicidio ma solo che quest’ultimo possa essere attribuito al giornalista Rai Luigi Di Lauro, il solo ad essere stato iscritto nel registro degli indagati. «Il giudizio – si legge nella sentenza – non è affatto basato sulla manifesta erroneità o insostenibilità delle tesi scientifiche sostenute dai consulenti nominati dalla persona offesa; al contrario, il giudice non sembra affatto escludere che la loro escussione e quella dei consulenti del pm possa portare al convincimento che l’ipotesi dell’omicidio sia esatta (o, quanto meno, che possa essere adeguatamente sostenuta in giudizio)». A determinare una pronuncia che è una pietra tombale sull’indagine è stata piuttosto l’impossibilità di ascrivere l’eventuale delitto a un responsabile. Il gip ha per questo ritenuto superfluo ascoltare la ricostruzione dei medici legali, considerato che in ogni caso «l’impianto investigativo a carico dell’indagato appariva ancora frammentario, ondivago e incerto, difetti che non potevano essere sanati». Neanche l’incontro della sera prima tra Di Lauro e la ex è stato ritenuto provabile e, comunque, sia l’ipotesi di reato di lesioni che quella di istigazione al suicidio risultano ormai prescritte.
La riapertura delle indagini e la nuova autopsia hanno insomma lasciato sul campo incertezze definite «insuperabili» in ordine a due circostanze: che Di Lauro e Anna Esposito si fossero davvero incontrati , e che (anche ritenendo superata la prima incertezza) di Lauro fosse l’autore del supposto strangolamento. «Il gip – sottolinea la Cassazione – ribadiva che a carico di Di Lauro esistevano solo elementi di tipo congetturale e che un possibile incontro tra l’indagato e la Esposito la sera prima della morte della donna non permetteva di dedurne la responsabilità per l’omicidio o per un’eventuale istigazione al suicidio». Il ricorso con cui l’avvocato Angela Cisale aveva provato a far riaprire il caso, chiedendo un’udienza camerale in cui ascoltare i consulenti tecnici, è stato quindi respinto. Senza, tuttavia, che la decisione della Corte dissipasse del tutto le ombre che ancora avvolgono la morte della poliziotta. Alla tesi del suicidio la famiglia della 31enne continua a non credere. La smentirebbero, secondo i genitori, alcuni comportamenti della figlia, che poco prima di togliersi la vita avrebbe comprato profumi costosi e fatto il pieno di carburante all’automobile. Vi sarebbero poi altre anomalie, come le pagine mancanti dall’agenda personale della donna e presunte lacune nei primi momenti dell’indagine. Delle varie piste seguite nessuna, però, ha fornito elementi di riscontro. E il giallo, ancora oggi, non può dirsi del tutto risolto.
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