La morte del commissario fu un “suicidio simulato”

Altri sospetti dopo la riapertura dell’inchiesta sulla vicenda di Anna Esposito La poliziotta cavese potrebbe essere stata strangolata da un conoscente

Strangolata da qualcuno che conosceva e a cui lei stessa aveva aperto la porta del suo appartamento di servizio, nella caserma “Zaccagnino” a Potenza. Una persona che avrebbe appeso il corpo della vittima per il collo, legato da una cintura, alla maniglia della porta del bagno. Tutto per simulare un suicidio. È questa la ricostruzione cui sarebbero giunti gli investigatori che, dal maggio scorso, hanno ripresi a indagare sulla morte di Anna Esposito, cavese, il commissario della Digos trovata priva di vita il 12 marzo del 2001 e il cui caso è stato riaperto dalla magistratura.

Nei giorni scorsi, alla Procura di Potenza, è stata depositata la consulenza di Giampaolo Papaccio, professore di istologia medica dell’università di Napoli, chiesta dal pm Sergio Marotta, al quale l’estate scorsa è stato affidato l’incarico di indagare - a dodici anni di distanza - su una vicenda oscura, a suo tempo archiviata come suicidio. La riapertura dell’inchiesta era stata chiesta con forza dal padre della vittima, che l’anno scorso aveva depositato alla Procura di Potenza una consulenza commissionata da lui stesso, in cui si evidenziavano alcune, forse troppe “anomalie”, per liquidare quella morte come un “suicidio”. La fibbia, infatti, non sarebbe stata stretta intorno alla nuca ma sotto l’orecchio destro. Inoltre, i colleghi del commissario Esposito, che avevano fatto irruzione nell’appartamento perché insospettiti dal suo ritardo al lavoro, avrebbero trovato il corpo seduto a terra. Una circostanza, questa, che rendeva praticamente impossibile il suicidio. Ora, la consulenza di Papaccio aggiungerebbe nuovi elementi.

Anna Esposito, 35 anni e separata, madre di due bambine, era alla guida della Digos di Potenza dal 1998. Proprio per il ruolo di responsabilità che ricopriva, si ipotizzò anche che la sua morte potesse essere collegata, in qualche modo, al caso di Elisa Claps, uccisa a Potenza il 12 settembre 1993 da Danilo Restivo. Ad alimentare il “giallo” era stato lo stesso fratello di Elisa, Gildo Claps, che alla trasmissione “Chi l’ha visto?” aveva detto: “La mamma di Anna Esposito mi ha detto che la figlia alcuni giorni prima di morire le aveva confidato che in questura qualcuno sapeva dove fosse sepolta Elisa”.

La dichiarazione aveva provocato l’apertura di un’inchiesta della Procura di Salerno, che aveva però finito per escludere un collegamento tra la morte del commissario di polizia e quella della ragazza assassinata anni prima a Potenza.Ora, però, la misteriosa vicenda torna nuovamente di attualità, alla luce degli ultimi sviluppi investigativi seguiti alla riapertura dell’inchiesta in Lucania.

Un’inchiesta che viene seguita con comprensibile attenzione e trepidazione da tutti i familiari di Anna Esposito, da sempre in attesa che venga fatta piena luce sulla sua morte. Il fratello Massimo, che è anche un consigliere comunale di Forza Italia, non ha voluto però rilasciare alcuna dichiarazione. Si è limitato soltanto a far sapere che tutti i familiari sono grati e felici per la riapertura delle indagini, nelle quali nutrono grande fiducia. D’altronde, a chi conosceva bene Anna, appare assolutamente non credibile legare la sua morte all’ipotesi del suicidio.

Alfonsina Caputano

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