La missione delle “mamme di cuore” 

Il racconto di chi ha scelto il percorso delle adozioni: è stato complicato, ma niente è più bello del sorriso di un bimbo

Ogni bambino dovrebbe crescere circondato dal calore della propria famiglia. E, quando questo non accade, si fanno strada le mamme di cuore: donne che desiderano diventare madri più di ogni altra cosa e che, attraverso l’adozione, compiono la scelta di prendersi cura di un figlio che non hanno partorito, affrontando le difficoltà, le spese e, talvolta, tempistiche lunghe. Maria Piscopo, 52 anni, di Salerno, dove lavora come impiegata, è madre di cinque figli, di cui tre biologici e due adottivi. Nel 1999 le viene affidato Daniel, un piccolo di 5 anni nato in Brasile e, nel 2013, decide di rimettersi in gioco con Serena, una bimba cinese di 3 anni. Ha intrapreso il percorso dell’adozione perché crede che ogni bambino abbia diritto ad avere una famiglia, sposando in pieno la causa dell’Aibi, l’associazione Amici del bambini. «Non esiste un diritto di essere genitori, altresì esiste un diritto di essere figlio», sottolinea Maria, a testimonianza del fatto che l'adozione sia per tutti e non soltanto per le coppie sterili – All’interno del nostro nucleo familiare, non ci sono differenze tra i miei figli, che vanno perfettamente d’accordo, ma capita che litighino tra loro, come tutti i fratelli», sorride, mentre racconta. Daniel, che ora ha 24 anni, non ha avuto nessun problema di inserimento, anche qualche episodio di razzismo nei suoi confronti non è mancato; è cresciuto abbastanza forte da reputare poco credibili quanti provavano a prenderlo in giro. Serena, che ha invece 7 anni, è perfettamente integrata a scuola e nel gruppo dei compagni ed è, peraltro, tra le più brave della classe. «Credo fermamente nell’adozione come esperienza meravigliosa, che ti cambia la vita – conclude Maria – Sentirsi dire dalla più piccola accolta di averci aspettato tanto, negli anni in cui era in istituto, non ha prezzo».
Claudia Piecoro, 40 anni, è il classico caso della coppia che, dopo svariati tentativi di diventare genitori, sceglie l’adozione e resta in attesa di un figlio biologico. Claudia è la mamma di due gemelline nate in Romania, vive ad Ottati e lavora come collaboratrice scolastica. Con lei, dal 2017, ci sono Sidonia Maria e Maria Lucia, di 8 anni e, ora che sta vivendo la gioia di una gravidanza, non tornerebbe indietro nella sua scelta. «Per me è un sogno che si è avverato – racconta commossa – Sin dall’adolescenza, quando le mie coetanee sognavano il principe azzurro, io invece, desideravo una bimba bisognosa di cure e un lavoro per essere autonoma». Il feeling in famiglia è scattato da subito e cresce ogni giorno di più, attraverso l’educazione, la serenità e l’istruzione necessaria per il loro futuro: «Le nostre bambine ci stupiscono, ricambiandoci con un’infinità di amore e spontaneità», conclude Claudia.
La storia di Nunzia Crescenzo, impiegata di 42 anni, è particolare. I suoi due figli adottivi, nati in Brasile, fanno parte di una fratria di quattro bambini, divisi tra due famiglie: loro a Sarno e i due fratelli più grandi a Procida. «Ricordo ancora la telefonata di Antonella, e subito ho sperato – racconta Nunzia della sua partenza per Rio, nel 2015, dopo la proposta di adozione congiunta da parte di Aibi - Mi ha risposto dicendo: Ci siamo!». Inizia così la loro avventura insieme a Tailane, una femminuccia di 4 anni e Luis Gustavo, un maschietto di 6 anni, e la loro nuova nascita. Nunzia e suo marito si sono guardati negli occhi e, prima ancora di vedere le foto dei loro figli, hanno chiesto di firmare i documenti, accettando tutte le condizioni. Fin dall’inizio hanno capito l’importanza di mantenere il legame, non è stato facile arrivare in un paese nuovo e separare i fratellini che, difatti, si vedono frequentemente. «Oggi siamo una grande famiglia allargata, ci contraddistingue il bene che ci vogliamo e il supporto, gli uni per gli altri», dice Nunzia, fiera della sua storia.
Carla Nicoló ha 48 anni, vive a Salerno e fa l’impiegata. Dal 2017 è la madre adottiva di un bimbo cinese di 7 anni, Jiangli. Ha voluto percorrere una strada alternativa alla fecondazione assistita e ringrazia suo marito per averle concesso libertà nella scelta. Carla è nata per essere mamma ed è quella che, tra tutte, ha avuto l’attesa più lunga. Un macigno che ancora si porta dietro, nel pensare a quanti bimbi viene negata una famiglia, viene rubata l’infanzia e tempo prezioso. «Ridare speranza e dignità di figlio a un bambino abbandonato è un atto di giustizia che può renderci solo persone migliori – afferma Carla, mentre guarda la foto del suo ometto – È impensabile abbandonare tuo figlio, anche se non lo hai ancora conosciuto. L’attesa adottiva è un po’ come quella di una gravidanza biologica». Tutte sono state assistite da operatori Aibi qualificati, sia nella fase documentale che con la lingua, durante il soggiorno nei Paesi esteri che le hanno ospitate. L’adozione non è una battaglia, piuttosto un percorso che, una volta avviato, non conosce la strada del ritorno. Si diventa genitori nel momento in cui si sceglie di adottare. (2 - Continua)
Rosita Sosto Archimio
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(La puntata precedente sulle “Mamme in rete” è stata pubblicata il 28 gennaio)