L'EDITORIALE

La miope politica del "no" nell'Italia che cade a pezzi

«Alla manutenzione, l’Italia preferisce l’inaugurazione ». Neppure la pur fervida fantasia creativa di Leo Longanesi avrebbe potuto immaginare che in Italia, un giorno, si sarebbero contate decine di morti per mancata manutenzione. Lui pronunciò quell’aforisma sessantuno anni fa, nel 1957, qualche anno prima che tagliassero il nastro del Ponte Morandi di Genova ieri crollato. Se la tragedia ha seminato morti a Genova, le immagini tv hanno ridestato la paura a Salerno dove il viadotto Gatto necessiterebbe di una seria indagine strutturale oltre che di verifiche tecnico-scientifiche molto oculate sulla tenuta dell’arteria che quotidianamente sopporta una mole incommensurabile di traffico di tir. È bene non destare allarmismi inutili, prima che la parola venga data a tecnici di comprovata esperienza scientifica (ci sono valenti ingegneri strutturisti a Salerno oltre che a Napoli), ma è venuto il tempo di accelerare sulla strada delle verifiche strutturali all’arteria che è il collegamento principale tra il traffico pesante del porto di Salerno e l’autostrada. Ma c’è un altro dato che accomuna la tragedia di Genova alla paura di Salerno, una metafora dell’Italia che non solo evita di conservare le opere pubbliche con la manutenzione costante, ma che è ostaggio della burocrazia, anche giudiziaria, e del nullismo oppositivo. È il tarlo della italianità inconcludente, parolaia, che preferisce piangere i morti delle tragedie e non rimboccarsi le maniche per attuare misure sul come evitarle. A Salerno è in corso la costruzione di una strada che dal porto condurrà all’autostrada, alternativa seria al viadotto Gatto. Il progetto Porta Ovest è fermo dopo due inchieste della magistratura salernitana: la prima, un’inutile indagine antimafia archiviata prim’ancora che andasse a verifica processuale; la seconda, sul presunto nesso di causalità tra i lavori dello scavo della galleria e i cedimenti del viadotto autostradale; nesso escluso, sì escluso, in sede di indagine preliminare dai consulenti dei pubblici ministeri, cioè della stessa procura che aveva promosso l’inchiesta. Il costo dell’opera è di 116 milioni di euro, per quattro gallerie e due viadotti. I lavori iniziarono nel 2013 (al taglio del nastro De Luca sindaco e Annunziata presidente dell’Autorità portuale). I lavori sarebbero al 40%. E questa è la paura di Salerno che si annida dietro l’opera incompiuta, oltre che sui pericoli del viadotto. Ma la tragedia di Genova offre il riscontro più vero e più drammatico dell’Italia del “no”, animata da comitati che protestano, tecnici che si prestano, presunti politici che sarebbero incapaci di gestire anche l’affidamento del servizio pulizia scale del loro condominio. A Genova, città natale di Beppe Grillo, si era formato negli anni un comitato “No Gronda” ospitato anche sul blog del comico-leader politico. La Gronda di Ponente, a Genova, dovrebbe ospitare un’opera da 4 miliardi per raddoppiare l’autostrada A10 e alleggerire il traffico della città, viadotto compreso. Il Movimento 5 stelle si era opposto alla costruzione del nuovo raccordo e, in campagna elettorale, Luigi Di Maio aveva affrontato la piazza genovese promettendo lo stop dell’opera per utilizzare i soldi della Gronda per potenziare il trasporto pubblico. Pochi giorni fa lo stesso ministro Toninelli aveva inserito l’opera genovese tra quelle da non finanziare più. Ora è inevitabile che tutti, sull’onda emotiva, chiedano Giustizia con lo stesso ritmato grido di Onestà . Ed è inevitabile che alcuni, soprattutto i sofferenti con la sindrome del torcicollo, si girino indietro per addossare colpe ad un passato inadempiente. Fa sempre comodo per nascondere le responsabilità dell’ adesso , non dell’ ieri, nè del domani. E allora, tanto per capirci, è bene riavviare subito i lavori di Porta Ovest. Dura già da un po’ di tempo questa storia delle mancate polizze assicurative da parte di chi ha preso in carico il cantiere dopo la Tecnis, così come continuano a dire i dirigenti attuali dell’Autorità Portuale. Se le imprese che sono subentrate non hanno i requisiti, si caccino. Per fare i lavori. Non per assecondare, indirettamente, legittime paure sulla mancata alternativa al viadotto ora da verificare con rigorosa serietà scientifica e senza politicanti. Soprattutto, dopo la tragedia di Genova.