SALERNO

La mia vita alla consolle per far divertire in pista

Il dj Peppe Cancro: "Ho imparato a intercettare i desideri di chi ho di fronte"

SALERNO. Buio, ritmo, neon, decibel, denti bianchi nella notte, tintinnio di bicchieri e braccia alzate a sventolare, sudore e ciocche di capelli in movimento, anche che ruotano e piedi velocissimi, tra divani, tavoli, bottiglie, rossetti sbavati e unghie laccate. Last night a dj saved my life. L’altra notte un dj mi ha salvato la vita. A molti sarà capitato, almeno una volta di pensarlo e di capire che dietro il tormentone degli Indeep c’è, di fondo, molto di più. «Per fare questo lavoro occorre essere un pò psicologo. Devi imparare a capire la pista, a intercettarne i desideri e i bisogni. Il mio compito è quello di far stare bene le persone: uso la musica per questo». Era il febbraio del 1987 quando Peppe Cancro si avvicinò alla consolle del Byblos di piazza San Francesco. Da allora sono passati trent’anni, migliaia di vinili, milioni di volti e colonne sonore, locali e trasferte, cuffie e mix, scontri e passioni, «una cosa è restata assolutamente inalterata, la voglia di divertirmi e di far divertire».

Come è diventato dj?

La musica mi è sempre piaciuta moltissimo. Da ragazzino non andavo in discoteca per pomiciare, come la maggior parte dei miei coetanei, ma per rubare il mestiere. Passavo le ore ad osservare Franco Ardito, Carlo Nuzzi, Peppe Di Martino e il mio papà putativo, Luca De Sio. Frequentavo il Fuenti, Byblos, il Living, e soprattutto il negozio di dischi Beguin di via Schipa, che era un punto di riferimento preziosissimo per chi amava veramente la musica. Lì dentro mi sono formato, chiacchierando con chi ne sapeva più di me e mi aiutava a crescere culturalmente, facendomi ascoltare i successi del passato e le ultime novità. Ricordo benissimo che facevamo a cazzotti per accaparrarci le copie, limitatissime, di qualche vinile. C’era un grande dialogo, la possibilità di confrontarsi e di arricchirsi, umanamente prima ancora che professionalmente. Ho molta nostalgia per quell’epoca.

Cosa è cambiato?

Tutto. L’approccio a questa professione oggi è diverso, banale, freddo per molti versi. Chiunque, acquistata l’attrezzatura, può autodecretarsi dj. Basta scaricare qualcosa da Internet ed è fatta. Io ho 46 anni: quelli della mia generazione facevano sacrifici per mettere qualche soldo da parte e comprare i vinili che custodivamo come delle reliquie. Non li prestavi neppure al tuo migliore amico.

Che ricordi ha del suo debutto?

Un’emozione indescrivibile. Era il febbraio del 1987 ed aprii e chiusi il dj set al Byblos. Di mattina, perché all’epoca il lunedì si faceva spesso filone e si andava a ballare in questa discoteca vicina al liceo Tasso. Poi ho iniziato a farmi le ossa al Carillon con Pino Cioffi, lanciandomi tra feste private e mak p. Ho investito molto su me stesso per farmi conoscere.

Di tutte le discoteche che ha citato non ne è rimasta più nessuna. Che sia una tipologia di serata passata di moda?

No, questo no, anche se molte cose si sono modificate, c’è ancora voglia di divertirsi. Lo vedo il venerdì sera, quando metto musica al Terzo Tempo Village di San Mango Piemonte. È sempre pieno, l’atmosfera che si respira è bella, intensa. Poi c’è Il Posto di Enzo Pellegrino e inizierò a collaborare anche con i Canottieri, perché tra i consiglieri c’è il desiderio di coinvolgere i giovani con qualche proposta più frizzante. Di sicuro, però, l’approccio con la discoteca è cambiato. I ragazzi non aspettano più il fine settimana per uscire, ogni giorno è uguale a un altro.

In che senso?

I “vecchi” frequentatori del by night sono cresciuti, si sono sposati, sono diventati genitori e quindi hanno tempi ridotti, rispetto al passato, per dedicarsi al divertimento. Quando lo fanno, però, ve lo assicuro, ci danno dentro. Lo vedo ogni volta che organizzo le serate “old school”, come le chiamo io.

E i nuovi habituè?

Sono “fulminati” (ride). Sono la generazione smartphone collegata ventiquattro ore su ventiquattro. Anche in discoteca trascorrono più tempo a fare foto e video che a ballare. Una cosa per me assolutamente inconcepibile, e non perché sia contrario alla tecnologia, anzi. Hanno avuto tutto e subito, possono fare le cinque del mattino anche di martedì sera, non hanno bisogno di conquistare nulla, quindi hanno perso quel sano desiderio dell’attesa. Nel contempo, sono decisamente più informati, e chi fa il mio lavoro è costretto ad aggiornarsi tantissimo, altrimenti rischi di essere tagliato fuori. Poi, e questo è un fattore da non sottovalutare, a Salerno città il mondo della notte è completamente cambiato.

La movida è morta?

Diciamo che non gode di buona salute. Sembra di essere tornati a trent’anni fa, quando per divertirsi bisognava andare a Cava de’ Tirreni, perché in città a parte il Macondo e il bar Santa Lucia non c’era molto altro.

I locali però ci sono.

Ma non c’è un’offerta differenziata, non c’è molta attenzione alla qualità del prodotto, e soprattutto, ci sono una marea di ostacoli. Dai parcheggi che sono inesistenti o costano uno sproposito, alle manette messe, in termini di orario, all’intrattenimento musicale. Prima invece c’era più tolleranza.

Nonostante tutto, non molla. Pensa di continuare per sempre a fare questo lavoro?

Fin quando mi sarà possibile sì, mi piace, è la mia passione, anche se comporta grandi sacrifici. A partire dalle malattie professionali, le ho collezionate tutte, dall’ernia del disco ai problemi al timpano. Posso stilare un trattato. Sull’ernia in particolare. Per anni ho girato l’Italia con 32 chili di vinili sul groppone, 16 sul lato destro e 16 su quello sinistro. Ero più giovane e non mi pesava, ora inizio a pagarne le conseguenze.

Lavorando di notte immagino sia costretto a sottrarre tempo anche agli affetti. Il rapporto con l’altro sesso diventa più problematico?

Non ho mai avuto problemi, ma perché ho scelto di avere al mio fianco donne intelligenti, che hanno sempre capito che questo è il mio lavoro e che ha degli orari particolari.

Quello del dee jay, da protocollo, è un ruolo fascinoso. Mai stato vittima di sfuriate di gelosia?

Le assicuro che mi comporto bene (ride). Credo che una donna possa anche sentirsi inorgoglita se il suo uomo è corteggiato, sempre che ovviamente si rispettino certe regole e non si superino determinati paletti.

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(4- Continua. La prima puntata, dedicata al tassista Gaetano Ricco è uscita il 27 febbraio, la seconda, con il pierre Daniele Avallone, il 6 marzo, la terza con il soccorritore Alessio De Silvio il 13 marzo)