L'OPINIONE

LA LEZIONE DEL PAPA ARGENTINO

E’ venuto dall’altro capo del mondo per cercar di mettere ordine nel suo mondo. “Ce la farà?” è la domanda che si pone “l’Espresso” dedicandogli la copertina di questa settimana

E’ venuto dall’altro capo del mondo per cercar di mettere ordine nel suo mondo. “Ce la farà?” è la domanda che si pone “l’Espresso” dedicandogli la copertina di questa settimana. E’ già una star. Innanzitutto per i laici. Che, ancor più dei cattolici, ripongono in lui la speranza di una Chiesa riformata, mai più connivente con gli infiniti scandali: sia che si tratti dell’orrore della pedofilia che di spregiudicate operazioni finanziarie.

Eletto esattamente quattro mesi fa, il 13 marzo, Papa Francesco procede a tappe forzate. Con una tempestività inusuale il Vaticano ieri ha congelato i beni custoditi presso lo lor intestati a monsignor Nunzio Scarano, arrestato il 28 giugno, mentre un jet privato carico di 20 milioni di euro di oscura provenienza provava a rientrare in Italia dalla Svizzera. “Monsignor 500” – il soprannome gli deriva dall’eccessiva disponibilità di banconote di 500 euro – è stato fino a poche settimane fa l’amministratore dell’immenso patrimonio edilizio posseduto dalla Santa Sede a Roma. Un re del mattone in clergyman. Amico di una influente famiglia di armatori, “monsignor 500” è immediatamente diventato l’emblema di una folta schiera di alti prelati dediti più alla cura del valore del proprio conto che dei valori della fede. Il santuario inviolabile intorno al quale si concentra il sistema di potere della Curia romana è sempre stato lo Ior, la banca vaticana che fu di Marcinkus. Inaccessibile, opaco, refrattario alla normativa europea antiriciclaggio. Al punto che tre settimane fa papa Bergoglio ha istituito una commissione d’inchiesta sulla banca composta da cinque saggi esterni alla Santa Sede.

Sarà pure lo sterco del diavolo, come ammoniva Lutero, ma il denaro ha circolato indisturbato sotto il lungo pontificato di Wojtyla. Con Ratzinger qualche timido tentativo di contrasto ma non ha avuto la forza di dissolvere quel grumo di interessi dentro e fuori le sacre mura. La Chiesa senza oro né sfarzo evocata ora da Francesco inquieta dunque la schiera di faccendieri, presumibilmente ampia, verso i quali si prospetta “tolleranza zero nei confronti di tutte quelle attività che siano illegali o estranee agli statuti dello Ior”, come recita – con grande chiarezza - una nota diffusa da padre Lombardi, il capo della sala stampa vaticana.

Sarebbe un errore credere che il governo del regno terreno impostato dal papa argentino sia in contrasto con il suo predecessore, il papa tedesco. Tutt’altro. Non solo la recente enciclica Lumen fidei scritta a quattro mani dai due pontefici. Ma la lotta agli insopportabili privilegi e la mancata copertura degli scandali, introdotte da Francesco, sono l’inevitabile conseguenza del rivoluzionario gesto compiuto da Benedetto allorquando ha annunciato l’abdicazione. Infatti se addirittura il Papa si può dimettere, perché mai dovrebbero essere considerate intoccabili le posizioni di cardinali, vescovi, prefetti e amministratori dei beni ecclesiastici? Chi può più sentirsi immune? E’ questa la grande eredità di Ratzinger lucidamente raccolta e fatta pro. pria da Bergoglio. 120 giorni di pontificato sono ancora troppo pochi per cambiare una storia secolare, ma nell’utopia francescana (nel senso di Papa Francesco) primeggia la volontà di riscatto dal senso di rimorso della Chiesa terrena. In questa tormentata ricerca - per tanti laici, per la moltitudine di pellegrini di verità e mendicanti di speranza - il vescovo di Roma è figura affascinante. Dalla lontana Argentina alla disincantata Italia: la Chiesa millenaria prova a trovare la forza per un profondo rinnovamento nella prassi e nei comportamenti. Per la sgangherata e indecente politica italiana – capace di litigare persino sulla visita a Lampedusa – un monito senza precedenti: o si ha la capacità di cambiare, o il declino è inarrestabile.

@VicinanzaL

©RIPRODUZIONE RISERVATA