GOLD BUSINESS

La gang dei rifiuti: «Peggio della “Terra dei fuochi”»

Ecco cosa diceva Antonio Romagnuolo ai propri dipendenti

 

SALERNO - “Bisogna portarla la, che se la porta l’acqua, altrimenti li son tutte pietre, hai capito...”. È una delle tante telefonate intercettate dai carabinieri durante le quali Antonio Romagnuolo, il 47enne capo dell’organizzazione sgominata ieri al termine dell’inchiesta “Gold Business”, detta ordini ai propri dipendenti per “far scomparire” i rifiuti tossici. In questo caso Romagnuolo ordina a Vito Arietta, uno dei suoi collaboratori più fidati, di scaricare i rifiuti direttamente nel fiume Calore, in località Ferragni. Senza nessuno scrupolo, in barba a qualsiasi norma, ma da vero capo.

Antonio Romagnuolo, nonostante risultasse incensurato viene definito dal gip come persona «di elevatissima pericolosità sociale». «La spregiudicatezza manifestata, la stabile dedizione alle attività illegali di raccolta e di interramento di rifiuti di ogni genere, senza nessuna remora e con l’unico obiettivo di monetizzare il proprio apporto», sono gli elementi che hanno indotto il gip Gerardina Romaniello a chiedere per il giovane la misura cautelare in carcere insieme al padre Gaetano e ai collaboratori più stretti. E spesso a consigliare il figlio erano proprio i genitori. “Tu sai cosa devi fare li? – dice il padre al figlio Antonio in merito ad un carico di rifiuti - Devi andare con il rimorchio, la devi prendere e la devi buttare sopra. La devi far sparire!”. E il figlio domanda: “E dove devo andare a scaricarla?”. “Nel fiume, nell’acqua” risponde con durezza il padre.

Vincenzo Rubano

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