La Francese bacchetta la maggioranza 

Comizio della sindaca in piazza Amendola: «Basta sputare veleno su quest’amministrazione, non trattengo nessuno»

«Non posso accettare che siano pezzi della maggioranza a sputare veleno su quest'amministrazione». Dal palco di piazza Amendola, a un anno dall’elezione, Cecilia Francese lancia strali alla fronda. «Chi vuole stare in questa maggioranza, deve avere il coraggio delle pubbliche scuse per le offese arrecate alla sindaca», ribadisce. Sono durissime le parole della Francese, pronunciate durante il comizio di ieri. Nelle ore più travagliate, col gelo coi consiglieri di Forza Italia e Rivoluzione cristiana e con l'assessore Giuseppe Provenza messo alla porta, l’endocrinologa va di sciabola. Dietro di lei, sul palco, una folta delegazione dell’amministrazione: assenti, come prevedibile, i frondisti e Provenza.
«Io non trattengo nessuno», urla la sindaca. Ed è un fiume in piena: «Questa coalizione è eterogenea, ma s’è riunita attorno a un programma, che deve guidare la nostra azione; chi non è su questa lunghezza d’onda, e pensa di giocare al logoramento del governo cittadino o di potermi ricattare, ha sbagliato strada, e pone le condizioni perché le nostre strade si dividano». Quando accenna ai frondisti, la Francese specifica pure di non fare la sindaca «per favorire forme di mercanteggiamento o per perdere tempo in estenuanti riunioni, più o meno riservate, alla ricerca di equilibri mai definiti ed accettati». Parla di «vecchie logiche», di «vecchi metodi fallimentari» e chiarisce che «non c’è tempo da perdere rincorrendo i contorsionismi di qualche stratega politico dell'ultim'ora o i mal di pancia di qualche logora figura».
Parole che alludono sia alla fronda che all’opposizione: «Ricorsi, denunce, agguati, tranelli, attacchi strumentali sulla stampa, documenti fatti girare ad arte, dichiarazioni piene di messaggi trasversali e di tentativi di ricatto». E sulla minoranza: «L’opposizione, anche se in modo pessimo, fa il suo mestiere; è intollerabile il veleno da alcune parti della maggioranza».
Dura replica a Gerardo Motta, ritenuto «un’espressione ormai sorpassata della politica battipagliese», che aveva dichiarato che, fissando il comizio, la sindaca aveva abboccato al suo amo. «Ma mi faccia il piacere!», urla, citando Totò, la sindaca, che aggiunge: «Non lo farei neanche se fossi a digiuno da dieci anni e a quell'amo ci fosse l’unico boccone di cibo nel raggio di dieci chilometri». Poi i riferimenti «ai ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, e forse pure al tribunale dell’Aia e all'Onu, per lo scioglimento del consiglio comunale», e l’aspra critica: «Un nuovo commissariamento, con la sospensione della democrazia… Battipaglia non merita questo tipo d'opposizione».
Parla pure dei dieci emendamenti al bilancio: «L’unica proposta, ed erano inammissibili perché sbagliati tecnicamente, in un’approssimazione amministrativa disarmante». Poi un lungo resoconto sui primi dodici mesi di governo.
Carmine Landi
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