La forza e la fama di Luigi sedotto da Aglianico e Fiano

Produttore-vigneto-territorio: così vedono la luce le bottiglie d’autore

di Barbara Cangiano

I loro numeri non sono da garage wine: con centomila bottiglie l’anno, casa Maffini firma una produzione che non si può certo definire di nicchia. Ma ogni singola etichetta ha alle spalle un lavoro meticoloso e durissimo, frutto di un rapporto ancestrale tra uomo, vigneto e territorio, che le rende unica e preziosa. «Non facciamo vini di punta ed altri vini», chiarisce con fermezza Luigi . Maffini (nella foto con la moglie Raffaella) dalla sua abitazione di Giungano dove l’azienda, che oggi ha sede a Cenito di Castellabate, sarà traghettata in futuro. Una scelta precisa, che offre al consumatore la garanzia di annusare e di gustare un prodotto d’autore, sia che abbia riposato in acciaio che in barrique di rovere francese. L’avventura inizia con papà Pietro, emiliano, che nel ’72 impianta il primo vigneto nelle proprietà della moglie, in una frazione di San Marco. «All’epoca il vino si vendeva sfuso, nelle damigiane», ricorda Maffini che dopo anni trascorsi tra grappoli e zolle di terra, è stato contagiato dalla passione di famiglia. Diventato dottore in Agraria, ha iniziato a produrre (la prima vendemmia professionale è del ’96) il suo Kratos, un Fiano in purezza che nel nome evoca la forza. E di forza ce ne è voluta molta, per riuscire a collezionare, nell’arco di pochissimi anni, premi blasonati ed attestazioni di stima. «Il merito è di Luigi Moio, enologo e docente dell’Università di Napoli - racconta Maffini - E’ stato lui ad indirizzare me e Raffaella nel migliore dei modi. Diciamo che ci ha dato la spinta per iniziare bene». Con metodo e impegno, perchè, sottolinea, «il vino lega le generazioni l’una all’altra. Non è un lavoro qualsiasi, anzi non è neppure un lavoro nel senso classico del termine». Maffini è ruvido e sembra uno che non fa sconti: «La filosofia della nostra azienda è molto chiara: sottolineare il legame fortissimo che intercorre tra un produttore ed il luogo dove crescono le sue uve. Anche per questo ho preso casa a Giungano, dove nel 2000 abbiamo acquistato diciotto ettari vocati per la viticoltura. Aprendo la finestra, devo poter tenere d’occhio le mie vigne». Sotto il suo sguardo vigile, crescono due vitigni autoctoni, Fiano e Aglianico, da cui nascono tra i bianchi Kratos e Pietraincatenata (il nome è un omaggio ad una roccia di Giungano), tra i rossi Cenito (una località di San Marco) e Kleos (che richiama la fama del mondo greco). Nulla è casuale: le etichette stilizzate raffigurano Castellabate e Punta Licosa attraverso una mappa su cui troneggia il nome del vino, ma non quello del vitigno, relegato nel retro della bottiglia, «perchè chi lo beve deve poter dire “ho preso il Kratos di Maffini” e non “ho preso il Fiano di Maffini”: questo per legare in modo stretto il vino al suo vigneto». L’azienda è tra le poche a produrre bottiglie da 375 ml, «perchè è la dose giusta per due persone» e si prepara alla conversione biologica oltre che ad ospitare con stile, nella nuova sede di Giungano, enoturisti ed appassionati. Il futuro è costellato di progetti ambiziosi: implementare i vigneti, arrivare ad una produzione di 150mila bottiglie, sedimentarsi ed espandersi ancora di più su un mercato che è prevalentemente campano, ma che ha saputo conquistare anche Usa, Giappone, Svizzera, Germania, Olanda, Belgio, Gran Bretagna e Paesi scandinavi. Ai vitigni autoctoni coccolati nel cuore del Cilento, potrebbero presto aggiungersene altri ancora più antichi, come lo storico Santa Sofia: l’azienda è infatti al lavoro per isolarlo con l’intento di recuperarlo e di valorizzarlo insieme alla memoria ed alla cultura che porta nel suo Dna. «Sono intimamente legato alla mia terra - confessa il produttore - Un motivo in più che ci spinge ad impegnarci ogni giorno per far capire anche ai consumatori meno attenti che i nostri sono tutti vini di livello alto, capaci di raccontare una storia».

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