LA SCUOLA NELL'ERA DEL COVID

La felicità del “primo giorno”: «Ora basta con l’incubo Dad»

Tanti sorrisi dei giovani al suono della campanella: abbracci, gioia e sfottò ai compagni. Resta solo il rebus degli spazi e delle aule

SALERNO - È da secoli che i ragazzi affrontano il primo giorno di scuola: a seconda dell’età, ciascuno ha il suo carico di preoccupazioni e aspettative e - con loro - genitori (più o meno) apprensivi e insegnanti che tirano sempre il fiato prima di varcare la soglia. Sono secoli che esiste il primo giorno di scuola ma, probabilmente, studenti così entusiasti, motivati e svegli già per la prima campanella dell’anno non si sono mai visti prima. Hanno ancora le mascherine sul viso e temono la Dad come un incubo, da evitare a tutti i costi. Ma, adesso, il ritorno alle lezioni in presenza gli fa ritrovare il sorriso: sono distesi, si aspettano, si prendono in giro.

E si abbracciano, perché in tanti sono già vaccinati. «Giggì ma sei cresciuto in questo tempo», domandano alcuni ragazzi accogliendo il compagno che non spicca per altezza. Il caos, però, non manca tra aule ricavate un po’ ovunque pur di guadagnare spazio e orari d’ingresso sfalsati (dalle 8 quasi alle 10). «Ragazzi dobbiamo salire dall’altra parte», si sente improvvisamente nel piazzale antistante l’istituto “Da Vinci- Genovesi” e - come se fosse uno sciame d’api - si vedono grupponi di ragazzi che corrono verso il cancello sul lato di via Sichelgaita. Eppure, dopo mesi trascorsi davanti allo schermo del computer, dopo settimane in bilico tra l’essere un po’ in presenza e un po’ a casa, finalmente questi studenti hanno davanti un intero anno scolastico in cui riprendersi la normalità. La loro quotidianità. «Sono felice, non so dirlo altrimenti », conferma Luigi Manzo della terza A del liceo Da Vinci sorridendo dietro la mascherina. «Per adesso spiega - staremo nella biblioteca perché ci hanno detto che lì c’è più spazio, poi si vedrà dove ci sistemeranno.

Che cosa ci aspetta non lo so, però auguro ai miei compagni di passare un anno sereno e con buoni voti», l’auspicio. Tra gli studenti, tre giovani promesse della Salernitana cercano di orientarsi. Gabriele Nobler di Napoli, Dario Cerbone di Castelnuovo e Giovanni Gorgia di Venosa vivono al convitto Tasso per seguire la loro passione dietro a un pallone e, adesso, frequentano le superiori a Salerno mentre si dedicano anche agli allenamenti. Sognano di diventare come Messi e Neymar, sono due attaccanti e un difensore ma sanno bene che, comunque «la scuola è la prima cosa. Ma mi sa dire anche l’aula dove si trova», domanda uno di loro mentre guardano i loro futuri compagni di scuola che varcano l'ingresso. «Abbiamo lavorato molto sugli spazi e sulla conoscenza delle regole, ora ci affidiamo alla coscienza dei ragazzi perché nulla sarebbe peggio di ripetere l’esperienza della didattica mista con alcuni ragazzi in class e altri a casa con la Dad», chiarisce la professoressa Giuseppina Masturzo, vicepreside del “Da Vinci”.

Anche il sindaco Vincenzo Napoli vuole dimostrare la sua vicinanza agli studenti visitando i piccoli allievi della scuola Barra. Ad attenderlo la preside, Renata Florimonte. «Ripartiamo con gioia ed entusiasmo; ripartiamo in presenza e in sicurezza perché tutte le aule dei cinque plessi dello storico Istituto Barra sono state predisposte secondo i parametri del Comitato tecnico scientifico, quindi distanziamento con i banchi monoposto, areazione naturale e artificiale con i sanificatori, patto di corresponsabilità tradotto nelle lingue (arabo, polacco, russo e inglese) delle famiglie degli studenti stranieri proprio per creare un’autentica alleanza educativa », assicura la dirigente. Garantita anche la mensa che, per assicurare il corretto distanziamento, è distribuita su tre turni differenti. Grande è la collaborazione tra le scuole e le famiglie che stanno accettando anche l’obbligo del green pass pur di non esporre i propri figli e per evitare, come è accaduto in una scuola del centro della città, che una mamma non potesse entrare per dare la merendina alla figlia. Un altro piccolo segno di una normalità che, finalmente, sta tornando. E che non dovrà più condizionare la vita degli studenti.

Eleonora Tedesco