Salerno

La droga dilaga, le frazioni alte invase di siringhe

E' allarme nel "Bronx" di Matierno. Don Marco Raimondo: «Cerchiamo di coinvolgere i giovani con giochi e tornei»

SALERNO. Si muovono in gruppo, per sentirsi più forti. Sui social inneggiano alla vendetta e dietro le lenti specchiate nascondono l’ansia dello scontro. Sono gli antieroi di un bronx, quello di Matierno, che dell’autoghettizzazione ha fatto una cifra identitaria, inseguendo il modello “Gomorra”. Per don Marco Raimondo, giovane parroco di San Giovanni Battista di Cappelle, San Felice in Pastorano e Nostra Signora di Lourdes a Matierno, sono la vera “sfida”, da conquistare a colpi di tornei di play station e di calcetto. «Non diamo la Bibbia in mano a nessuno. Cerchiamo di avvicinarli con il gioco, di farli sentire parte di una squadra. L’obiettivo è recuperare tutti, allontanarli da tessuti sociali degradati e soprattutto dalla minaccia della droga».

A Matierno, come in alcuni quartieri di Salerno città, sono tornati i tappeti di siringhe.

Sono molto preoccupato. Da mesi ne troviamo a decine nel piazzale antistante la chiesa e tra le piante. I nostri catechisti sono costretti a bonificare l’area ogni mattina, prima dell’ingresso dei bambini. Abbiamo segnalato il caso ad alcuni consiglieri comunali e coinvolgeremo le forze dell’ordine. Qualcuno mi ha suggerito di installare una telecamera, ma il mio problema non è il piazzale della chiesa o uno dei tanti scantinati di cui è piena Matierno. Vorremmo maggiore attenzione e più vigilanza.

Lei opera in un territorio molto complesso, dove il disagio ha alimentato le logiche del branco. Come riesce a interagire con queste realtà?

Cerchiamo di coinvolgere tutti in attività ludico-ricreative, organizzando laboratori, tornei, manifestazioni, che possano fungere da attrattori. Seguiamo una trentina di giovani, dai 14 ai 28 anni: non fanno rumore, ma sono quelli in prima linea. Poi c’è uno zoccolo duro, che si è chiuso nell’etichetta del bronx: usano un linguaggio in codice e vivono ai margini, senza farsi avvicinare. Alcuni di loro sono anche miei amici di facebook e leggo quello che scrivono. Spaventa molto che un modello negativo, come può essere quello di Gomorra, possa assurgere a status symbol. Temo che vivano in un gioco pericolosissimo, non rendendosi conto delle conseguenze. Ma il problema non sono certamente le serie tv, quanto l’assenza di una famiglia che li segua nei loro bisogni.

Ci può tracciare un identikit?

Hanno dai 14 ai 20 anni, si comportano da bulli, non si fanno coinvolgere, anche se nei miei confronti sono stati sempre rispettosi. Temo molto per quelli che si stanno affacciando all’età adulta e che dagli adulti possono essere manipolati. Per questo, con volontari, animatori e catechisti, facciamo di tutto per cercare di farli sentire parte di un progetto. Organizziamo corsi sui sentimenti, partendo dal film di animazione “Inside out”, ed è importante parlare di “rabbia” a una platea di giovani, come dimostrare nel concreto la “misericordia”. Per fare un esempio, al figlio di un detenuto morto in carcere che ha una grande passione per la musica, grazie a una colletta siamo riusciti a regalare una batteria. E poi ci sono state le pizze, i tornei di play station, quelli di calcio balilla, i corsi di arti marziali. Adesso stiamo organizzando i giochi di primavera, che si terranno ad aprile e interessano un centinaio di bambini. E ancora, la sfilata di Carnevale, che speriamo abbia lo stesso successo del falò dell’Immacolata, una delle occasioni in cui riusciamo a coinvolgere tutti, compresi i “ragazzi del bronx”. Non è facile, ci vuole pazienza e la collaborazione di tutti.

Vi sentite soli, o intorno avete una rete solida?

Diciamo che non è mai abbastanza. Abbiamo una psicologa, un centro di ascolto e siamo in contatto con i servizi sociali perché oltre 150 famiglie ricevono il pacco alimentare. Dura è dura, ma non mi scoraggio, punto sull’energia della mia giovinezza perché questa è la mia missione. Alle volte mi guardo intorno e mi sento inadeguato. Ma poi mi dico che se il Signore mi ha voluto qui, avrà avuto i suoi motivi. E vado avanti.

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