La Divina cantata da Escher nei bianchi e neri di Guarini

La mostra rimarrà aperta fino al 15 febbraio nello spazio “Ayala” di Napoli In esposizione venti scatti che “narrano” l’eterno incanto della natura

NAPOLI. “Sulla Costa d’Amalfi tra architetture sulla pagina dello spazio”, fino al 15 febbraio le magie fotografiche di Nicola Guarini in mostra allo spazio “Ayala. Deposito d’arte” di Napoli. «Sto lavorando sodo. E questo è il principale motivo della mia felicità. Perché la campagna stupenda, la primavera mite e l’albergo eccellente non basterebbero a farmi felice… Voglio trovare la felicità nelle piccole cose, da una minuta pianta di muschio, lunga 2 cm su una roccia, voglio cercare di fare quello che da tempo desideravo». Così scrive da Ravello Maurits Cornelis Escher all’amico Jan van der Does nell’aprile del 1923, vale a dire nei primi giorni del suo soggiorno in Costa d’Amalfi che, a periodi alterni, segnerà una frequentazione di oltre dieci anni, fino al 1934. La Divina è lo scenario ove l’artista olandese ha la possibilità di studiare la capacità dell’uomo di trasformare i ripidi e rocciosi pendii in terrazze, in orti, in giardini; insomma, di poter costruire architetture sulla pagina bianca del cielo. È questo il motivo di fondo che ha spinto Guarini, tra i principali interpreti della nuova fotografia campana, a dedicare al lavoro di Escher una interessante serie di scatti: la scelta poetica è di “attraversare” gli spazi, i luoghi, le immagini che l’artista olandese ha celebrato nelle sue xilografie, nelle litografie, nei disegni realizzati dal 1923 al 1937, quando esegue la prima grande tavola della Metamorfosi. Allineate sulle pareti della galleria, oltre venti fotografie in bianco e nero che riassumono gli aspetti salienti della ricerca, in parte proposta nel 2011 in occasione dell’inaugurazione della Torre di Cetara - Museo Civico. La scelta era caduta su alcune immagini che sintetizzano l’idea di una suggestione visionaria alla quale, soprattutto nelle opere degli anni Trenta, Escher non si sottrae. «In quella occasione - scrive Massimo Bignardi, curatore della mostra - l’attenzione era soprattutto rivolta ad intercettare nelle immagini di Guarini l’impronta di quel bianco e nero assoluto con il quale Escher era stato capace di “narrare” il paesaggio eterno della natura, il suo tradizionale riporto nella scatola prospettica della pittura, traducendo i segni della tridimensionalità spaziale con quelli propri della bidimensionalità del foglio. Oggi mi colpisce l’analisi che Nicola propone della tavola di mare che, da Capo d’Orso, si spinge fino a Capo Minerva, di fronte Capri». Sono immagini affermate sul piano della carta emulsionata, accogliendo le segnature che il tempo della riproduzione concede alla magia della stampa, quando cioè l’immagine ordinata nel rettangolo del mirino fotografico acquista il suo ordine.

Ciro Manzolillo

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