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La Dipino non agì da sola per ammazzare Attruia

RAVELLO. Due corpi contundenti diversi uccisero, la notte tra il 26 e il 27 marzo 2015, a Ravello, la scafatese Patrizia Attruia. È quanto emerge dalla relazione dei due periti della pubblica accusa....

RAVELLO. Due corpi contundenti diversi uccisero, la notte tra il 26 e il 27 marzo 2015, a Ravello, la scafatese Patrizia Attruia. È quanto emerge dalla relazione dei due periti della pubblica accusa. Le perizie, ieri, sono state acquisite al fascicolo dibattimentale del processo, in celebrazione dinanzi alla Corte di Assise di Salerno, presidente Massimo Palumbo, che vede sul banco degli imputati di Vincenza Dipino, difesa dagli avvocati Marcello Giani e Stefania Forlani.
Che la Dipino non fosse sola quella notte, gli inquirenti hanno elementi per crederlo. Tanto che a gennaio il compagno dell’imputata, Giuseppe Lima, 50 anni, sospettato di avere una relazione con entrambe le donne, è stato colpito da un’ordinanza cautelare per omicidio. All’inizio era stato indagato solo di occultamento di cadavere e falsa testimonianza.
La svolta è arrivata con le nuove indagini su modalità, esiti autoptici e orario del delitto. Che la Dipino non avesse potuto fare tutto da sola è un’ipotesi suffragata da elementi quali i filmati delle telecamere, le percosse ricevute dalla donna prima di essere uccisa, la forza necessaria per sollevare il corpo e metterlo nella cassapanca.
Massimiliano Lanzotto
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