La cronista: «Così fui minacciata da Aliberti jr» 

Processo Sarastra, sentita la giornalista Valeria Cozzolino. I difensori dell’ex sindaco: denuncia tardiva

Minacce per le sue parole, scritte per raccontare fatti sgraditi a politici e non solo. «Il fratello del sindaco di Scafati, Aniello Aliberti, mi disse che non dovevo scrivere della sua famiglia, altrimenti me l’avrebbe fatta pagare». Così la giornalista Valeria Cozzolino, ex redattrice del quotidiano Metropolis, ha raccontato l’episodio che la riguarda nel processo Sarastra, in qualità di teste e parte lesa, risalente al giugno 2013.
Quel giorno, nel mezzo tra primo turno e ballottaggio per le elezioni amministrative in città, lei scese di casa prima del solito, avvertita che qualcuno stava strappando via le locandine del suo giornale, che riportavano il titolo “abusi edilizi nella casa di Pasquale Aliberti”, allora sindaco, ora sotto accusa per rapporti con il clan Loreto-Ridosso nel processo in corso davanti ai giudici del tribunale di Nocera Inferiore. La giornalista ha descritto il «clima d’intimidazione nei suoi confronti» maturato in quel periodo, nel mezzo delle elezioni amministrative, con episodi ripetuti anche successivamente. Il primo giugno 2013, nel suo racconto, ripetuto più volte e più volte precisato in aula, il fratello dell’ex primo cittadino, Aniello Aliberti, insieme a Gennaro Ridosso, figlio del boss Romolo, collaboratore già condannato con rito abbreviato per lo stesso processo, avrebbe minacciato di morte la giornalista. «Fui chiamata al telefono - ha spiegato dettagliatamente la Cozzolino - mi dissero che stavano togliendo delle locandine dalle edicole. Alla seconda edicola, vidi Aniello Aliberti che le stava togliendo. Gli chiesi cosa stesse facendo e lui mi insultò, dicendomi di non scrivere più della sua famiglia, altrimenti me l’avrebbe fatta vedere nera. Poi si avvicinò un’altra persona, che disse di essere Ridosso. Gli chiesi chi e lui rispose: “Gennaro Ridosso”».
Anche in quel caso, ci fu una minaccia, come racconta la giornalista. «Mi disse che non dovevo più scrivere altrimenti mi avrebbe eliminata. Non mi avrebbero più trovato. Ho percepito pericolo anche quando andai in giro per i seggi per conoscere i risultati finali del ballottaggio. Un gruppo di persone mi indicò».
Le circostanze però non finirono qui, perché quell’aria pesante proseguì. «Nel 2014 fui minacciata con una lettera anonima - ha spiegato ancora Valeria Cozzolino - dopo l’episodio della locandina, mi consultai con la redazione per capire cosa fare, per essere tutelata».
La giornalista ha parlato del rapporto con il suo direttore dell’epoca, Luigi Capasso, e del clima interno al giornale. Nel corso del contro esame, poi, i legali dei difensori hanno provato ad evidenziare una presunta inattendibilità della giornalista, chiedendo l’acquisizione di foto e messaggi personali dal suo profilo Facebook, chiedendole di eventuali impegni politici, evidenziando il tempo trascorso tra l’episodio e la successiva denuncia, arrivata nel 2016. La Cozzolino ha spiegato che il suo giornale, sull’accaduto del 2013, diffuse un comunicato di solidarietà ma senza i nomi di Gennaro Ridosso e Aniello Aliberti.
L’udienza di ieri si era aperta con la parte finale del contro esame del capitano Iannaccone della Dia, seguita dalle dichiarazioni spontanee di Pasquale Aliberti, a chiarire e precisare dettagli su appalti comunali e bandi. Nel corso della prossima udienza, fissata il 23 gennaio, sarà sentita la giornalista Rosaria Federico, proseguendo la materia di prova che è stata avviata ieri nel dibattimento.
Alfonso T. Guerritore
©RIPRODUZIONE RISERVATA