LEGALITA' & POLITICA

«La corruzione più pericolosa dei clan»

Roberti al convegno de “la Città” : «Esistono organizzazioni di malaffare che provocano effetti deleteri nell’economia»

SALERNO - «Occorre com prendere che la forza della mafia sta nei rapporti con l’esterno, con quell’area grigia che è dentro lo Stato». Franco Roberti, consigliere del ministero degli Interni per il terrorismo e la criminalità organizzata, già Procuratore nazionale antimafia, non ha dubbi: la mafia si può sconfiggere m a c’è bisogno di una operazione culturale, piuttosto che legislativa. Intervenuto a Salerno al convegno “Legalità, governabilità, politica”, organizzato dalla Fondazione Mare Nostrum , da Ultimi, associazione per la legalità e patrocinato dal quotidiano “la Città”, Roberti ha spiegato che è necessario far «capire ai cittadini che è più conveniente rivolgersi allo Stato piuttosto che alle organizzazioni criminali». E questo è com pito della politica, perché «lo Stato di diritto si tutela attraverso un rapporto di reciproca fiducia». «E i cittadini - ha aggiunto - hanno fiducia nelle istituzioni se vedono che lo Stato opera nel loro interesse. E, quindi, rispettano la legge perché conviene rispettarla». Oggigiorno, a detta di Roberti, la mafia «può essere considerata come un’agenzia di servizi: droga, smaltimento rifiuti, voto di scambio, protezione». «Il pizzo - ha rimarcato l’ex procuratore antimafia - esiste per avere protezione, in quanto non si ha fiducia nello Stato». Negli ultimi anni la mafia si è infiltrata tra i colletti bianchi soprattutto attraverso la corruzione. «Oggi, piuttosto che alla violenza - ha sottolineato Roberti - le mafie ricorrono alla corruzione. Questo perché la domanda di corruzione s’incrocia con l’offerta mafiosa». Mafia e corruzione, tuttavia, non sono solo due fenom eni giuridici diversi, ma agli occhi dell’opinione pubblica sono giudicati in maniera diametralmente opposta. «Mentre il mafioso appartiene ad una classe sociale lontana da noi - ha puntualizzato il magistrato - il corrotto è uno di noi e, quindi, siamo portati a guardarlo come un birichino e non come un criminale». Invece, a detta di Roberti, in questo particolare momento storico «non esistono solo organizzazioni mafiose ma anche organizzazione di malaffare che provocano effetti deleteri, addirittura maggiori, nell’econom ia e nella Pubblica am ministrazione». «Abbiamo - ha chiarito Roberti - una legislazione all’ avanguardia, organismi specializzati, patrimoni ingentissimi sequestrati tant’è che ora il problema è gestirli bene. Dobbiamo recuperare il rapporto di fiducia tra cittadini e Stato, e per farlo occorre una grande consapevolezza». A confrontarsi con Roberti, moderati dal direttore de “la Città”, Andrea Manzi, sono stati Federico Conte della Fondazione Mare Nostrum: don Aniello Manganiello dell’Associazione Ultimi e Tano Grasso (in collegamento da Capo d’Orlando), fondatore e presidente nazionale della Federazione antiracket italiana. Alla stessa stregua di Roberti anche Conte ha posto l’attenzione sulla corruzione, definita «un fenomeno di em ergenza mondiale, un problema endemico». Conte, al di là degli aspetti tecnici e giuridici, ha lanciato una proposta: «Bisognerebbe immaginare un’operazione di trasparenza dei redditi per chi è in politica». «C’è anche - ha detto - un aspetto che riguarda la spesa elettorale. È stato abolito il finanziamento pubblico ai partiti ma, in pratica, si continua a farlo in maniera anonima». Tornando alla corruzione Conte ha auspicato un «cambio di concezione, includendo anche la cattiva amministrazione, in quanto attualmente il controllo sociale non esiste più, perché i politici rispondono alle segreterie dei partiti, che devono nominarli e non più agli elettori». Secondo don Aniello Manganiello «l’intero sistema va rivisto: buttiao un po’ di sassi nello stagno e smuoviamolo». Il prete anticamorra ha messo in risalto come «la politica sia una cosa, la politica partitica un altro affare, piuttosto sporco, che ha prodotto il disincanto dei giovani, che sono stati offesi». «Più volte - ha rivelato - ho chiesto a parlamentari il perché candidassero camorristi. La risposta è stata semplice: portano voti». «Per sconfiggere la mafia - h a concluso - non basta la repressione m a è necessario che lo Stato cominci a preoccuparsi dei suoi cittadini. I giovani stanno scappando dal Sud Italia e nessuno se ne preoccupa».

Gaetano de Stefano