Il blitz

La camorra stritola la Piana, altri 24 arresti

Sgominato il clan degli eredi Pecoraro-Renna che aveva monopolizzato i trasporti agricoli della Valsele

SALERNO. L’hanno chiamata operazione Omnia, perché il clan sgominato all’alba di ieri con un blitz che ha impegnato duecento carabinieri aveva una gestione omnicomprensiva dei traffici illeciti e puntava al totale controllo dell’economia della Piana del Sele e dei Picentini. Dallo spaccio di stupefacenti («rubinetto sempre aperto per finanziare le attività criminali», ha sottolineato il procuratore Corrado Lembo) il sodalizio si era radicato nell’economia legale, acquisendo il monopolio del trasporto dei prodotti ortofrutticoli grazie a una serie di intimidazioni e violenze che il sostituto procuratore antimafia Marco Colamonici non ha esitato a definire impressionante e inquietante. A colpi di attentati incendiari, gambizzazioni e minacce, il clan aveva conquistato in «maniera militare» l’egemonia in un mercato milionario, estromettendo la concorrenza e obbligando i produttori di ortofrutta a rivolgersi a due agenzie di intermediazione: la Atm di Francesco Mogavero e la Ma.Pa di Marcello Palmentieri. Figurano entrambi tra gli organizzatori di un’associazione camorristica che al vertice aveva anche Sabino De Maio e i fratelli Enrico e Sergio Bisogni, diramazione di quel clan Pecoraro-Renna di cui avevano raccolto l’eredità con il beneplacito di Cinzia Rizzo, accusata di avere concordato e condiviso le linee strategiche del sodalizio e averne «preventivamente autorizzato le attività illecite in continuazione dell’opera del marito detenuto Francesco Pecoraro», in cambio di una quota dei proventi.

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Con il blitz di ieri i carabinieri di Comando provinciale e Compagnia di Battipaglia hanno eseguito 22 delle 24 misure cautelari disposte dal giudice delle indagini preliminari Ubaldo Perrotta (due persone sono ancora ricercate), e notificato altri 69 avvisi di conclusione delle indagini, per un totale di 93 indagati per i quali la Direzione distrettuale antimafia si prepara a chiedere in tempi brevi il rinvio a giudizio. «È il risultato di un lavoro certosino iniziato nel 2011, che ci ha consentito di dare visione unitaria a episodi che apparivano scollegati» ha commentato il comandante provinciale Antonino Neosi, che ha coordinato l’operazione con il reparto operativo del tenente colonnello Enrico Calandro e i carabinieri di Battipaglia diretti dal capitano Erich Fasolino.

Si è chiuso così il cerchio di un’attività investigativa iniziata con l’operazione Game Over e proseguita pochi giorni fa con il blitz Perseo, che aveva già portato in carcere 9 dei 24 destinatari delle nuove misure cautelari e ha acceso i riflettori sul tentativo di scalata al Comune di Pontecagnano, per il quale il clan contava –secondo gli inquirenti – sul consigliere Antonio Anastasio, ora in carcere. «Siamo intervenuti prima con Perseo per decapitare la testa gruppo criminale – ha spiegato il procuratore capo Corrado Lembo – ma questa inchiesta nasce prima e ha fatto emergere, nel trasporto dell’ortofrutta su gomma, il totale annientamento di qualsivoglia regola di libero mercato». Sono una ventina le vittime delle imposizioni del clan: produttori di materie prime, come l’azienda di rilievo nazionale Ortoromi, e ditte di trasporto come il gruppo Napolitrans. Quando non incendiavano i camion, i bracci armati del clan minacciavano gli autisti e non esitavano a sparare ai concorrenti. Il gestore di una società è stato gambizzato, nonostante appartenesse egli stesso a circuiti malavitosi. Metodi brutali che il gruppo utilizzava anche nell’altro business, quello della droga, con pestaggi e spari per estromettere i pusher rivali o indurli a entrare nella propria orbita. Erano stati creati così otto sottogruppi, che dalla Piana del Sele avevano diramazioni anche a Salerno e che erano governati, però, da un’unica organizzazione. «Ai capi delle associazioni a delinquere si affiancavano una serie di cellule – ha spiegato il sostituito procuratore Silvio Marco Guarriello – forse anche per creare compartimenti stagni in modo che non tutti fossero a conoscenza di tutto». Il traffico era ingente, chili e chili di cocaina e hashish di cui il sodalizio si approvvigionava anche tramite contatti in Spagna. L’eroina era vista invece con sospetto: «Il clan puntava alla tranquillità territoriale per gestire gli altri suoi affari, l’eroina crea più problemi e chi la vendeva veniva allontanato». A questi traffici si accompagnavano poi i reati satelliti: estorsioni, rapine, ricettazione di auto rubate, “cavalli di ritorno”. Tutto era sotto controllo, in un vasto ambito territoriale: «Emerge – spiegano gli inquirenti – una tendenza criminale al superamento delle suddivisioni territoriali nell’ottica di un sistema unitario». Lo dicono gli stessi membri del clan nella minaccia a un imprenditore: «Siamo una famiglia – avvertono – che va da Salerno a Paestum».

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