ECONOMIA

La Bcc verso la fusione, ma è scontro sui partner

I soci chiamati a eleggere presidente e consiglieri

SALERNO. I quasi mille soci della Banca di Salerno credito cooperativo devono andare alle 9.30 di oggi, domenica 8 maggio al Centro sociale di via Vestuti per il rinnovo del presidente, del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale. Ma le probabilità che l'incontro venga invalidato sono altissime. Perché la fronda che si oppone alla leadership del presidente uscente Angelo D'Amato, dopo aver sollevato delle eccezioni direttamente alla Banca d'Italia, è pronta a presentare un ricorso all'autorità giudiziaria contro il deliberato assembleare, sostenendo che non vi sia stata comunicazione nè sull'incontro di oggi, né sui nomi dei candidati. La frattura. Ma la spaccatura ha un'altra origine: il protocollo sottoscritto, un mese fa, con la Cassa rurale e artigiana di credito cooperativo di Battipaglia e la Banca di credito cooperativo di Serino finalizzato a una fusione per incorporazione.

L'aggregazione è la strada imposta dalla riforma, ma anche dall'ispezione della Banca d'Italia che ha puntato il dito contro un bilancio in perdita per quasi due milioni di euro. Né la legge, né l'autorità di vigilanza, però, obbligano alla scelta dei partner. «Questa proposta viene fatta passare dal consiglio di amministrazione uscente come l'unica soluzione possibile, invece riteniamo che non tutto è perduto - spiega Mario Camillo Sorgente, candidato nella lista antagonista a quella di D'Amato, capeggiata da Nicola Alessandro Villani - Il nostro obiettivo è difendere l'ultimo istituto di credito salernitano che ha quasi cento anni di storia. Una cosa è negoziare una fusione, altro è subìre un accorpamento che dal nostro punto di vista guarda più a questioni personalistiche che non alla tutela della banca». Lo scontro. Sorgente è critico: «Il consiglio di amministrazione non fa un'analisi delle scelte strategiche fatte negli ultimi dodici anni. L'ultimo concorso per la selezione del personale risale al 1984. Nulla è stato fatto per programmare la ricerca, la crescita di personale specializzato per fare la differenza e non uscire fuori dal mercato. La produttività della banca - incalza - è sempre più al di sotto della media delle consorelle campane e non è stata mai avviata una vera politica di sensibilizzazione sui soci per rendere veri i valori del credito cooperativo». D'Amato non vuole alimentare le polemiche, ma è categorico: «Non avevamo altre opzioni. Non c'erano altri partner a cui guardare per combinare questo matrimonio». Se le cose andranno in porto, il figlio di queste nozze potrebbe chiamarsi Credito cooperativo Campania centrale e diventare «la più grande realtà della Campania in termini patrimoniali».

Perché ai 22 milioni di Salerno, si aggiungerebbero i 95 di Battipaglia e i 10 di Serino. «Prima c'era la Banca di Flumeri che ha incorporato la Bcc irpina commissariata da due anni, dalla quale abbiamo assorbito 15 dipendenti. Quindi loro erano fuori dai giochi. Potevamo pensare a una fusione con Roscigno, ma loro guardano all'area sud del territorio, avendo aperto agenzie a Potenza e in Val d'Agri - precisa il presidente uscente - Viceversa Battipaglia aveva già un'agenzia a Salerno. Tutto qui, non ci sono motivi reconditi. La banca d'Italia ne è a conoscenza dal 4 gennaio scorso e ci sta incentivando a chiudere l'operazione in tempi brevi. Abbiamo commissionato un piano industriale e un piano di valutazione a società di rilevanza mondiale». L'assemblea della discordia. Quanto all'assemblea di oggi, D'Amato si dice convinto che «i soci parteciperanno, anche per ascoltare importanti novità legislative». L'incontro, in ogni caso, non sarà propedeutico alla ratifica di nessun provvedimento, «perché per deliberare la fusione occorrerà convocare un'assemblea straordinaria dopo il via libera di Banca d'Italia», ricorda il presidente. Troppa fretta e assoluta mancanza di programmazione, ribatte Sorgente: «La scelta della fusione conseguente alla visita ispettiva, rappresenta un giudizio palesemente negativo verso gli organi aziendali di governo a cui non viene dato alcun credito per la soluzione delle criticità emerse e per la redazione di un piano strategico risolutivo e credibile, nè si vuole concedere tempo al Cda in carica per continuare a gestire in maniera dannosa l'azienda». Senza considerare che «è fondamentale garantire ai dipendenti il mantenimento dei livelli retributivi; ai soci partecipazione democratica; ai clienti le migliori condizioni». E al territorio, «il rispetto di una banca che rappresenta parte dell'identità di questa città».