L’ultimo pastore tra gli store di San Leonardo

Claudio Ferrara ha un gregge di 150 pecore ed è costretto a emigrare nei Picentini

È l’ultimo pastore di pecore di Salerno. Claudio Ferrara, 55 anni, allevatore, ha 150 pecore di razza ovina bagnolese, dal nome della località irpina. Il suo gregge è di stanza nei terreni di famiglia a San Leonardo, un tempo ampia prateria. La sua azienda insiste lì da tanti anni, più di mezzo secolo. Oggi, però, quella che era una zona agricola sta cedendo il passo a un’area commerciale e residenziale. E Claudio, insieme alle sue pecore, che custodisce con cura certosina, vengono pian piano stretti e confinati nella sola proprietà di famiglia per la mancanza di pascoli perché i terreni, una volta ricchi di erba medica, sono stati fagocitati dal cemento.

La transumanza. Per quattro mesi, dallo scorso giugno, Claudio e le sue pecore si sono spostati sulle montagne di Acerno, riprendendo la migrazione stagionale verso i pascoli in altura. Per il pastore di Salerno è stato rivivere i racconti di suo padre Giuseppe, pastore di transumanza, che spesso era ospite nelle distese verdeggianti della cittadina dei Picentini. «Veniva quassù mezzo secolo fa – ricorda Claudio – Stare in questi luoghi è stato per me molto emozionante, è sembrato vivere una storia già vissuta attraverso i suoi ricordi». Ad Acerno ha trovato accoglienza e disponibilità nella Grancia di San Leo, non lontano dall’omonimo agriturismo.

Il viaggio. Dodici ore, tante ne sono state necessarie. A piedi lungo strade secondarie. Claudio e suo moglie Mirela hanno fatto un cammino di 40 chilometri, guidando le pecore attraverso la zona commerciale di San Leonardo fino a Sant’Antonio di Pontecagnano. Da lì hanno raggiunto San Vito di Pugliano e, attraverso la collina di Parapoti, sono passati dietro l’abitato di Macchia di Montecorvino. E poi su verso le montagne di Acerno. Il gregge in transumanza ha imboccato l’ex strada statale in località Fontana del Vescovo e si è inerpicato su per i tornanti fino alla meta. Ad annunciare il passaggio delle pecore sono stati il tintinnio di 150 campanellini e l’abbaiare dei cani. «Ci aspettavano – sorride Claudio mentre si appoggia al suo bastone – perché oggi non ti sposti da un comune all’altro senza le autorizzazioni sanitarie. Devi chiedere i lasciapassare e fare un mucchio di carte. Non è come ai temi del mio bisnonno Luigi, lui era un pastore “vagante”».

La vita sui monti. Quella di Claudio e Mirela somiglia ad una vita da campeggio, ma è molto più dura. La coppia si è sistemata in una roulotte ed una tenda. C’è il gas, la luce e l’acqua. Una stufa riscalda il microambiente della casa su ruote perché di notte la temperatura cala. La sveglia suona molto presto la mattina, appena fa giorno. C’è da portare le pecore al pascolo. Li attende un cammino di chilometri, da San Leo alle falde del monte Accellica. E poi il ritorno. La sera c’è la fatica di sistemare il gregge nel paddock.

A dimora delle pecore restano i sei cani. Certo, non è l’immagine dei pastori di un tempo, quando l’unico riparo dalla pioggia battente era un misero ombrello o un giaccone per ripararsi dal freddo. Fare il pastore, per quanto è un mestiere romantico e le sue storie riempie le pagine dei libri di favole, è pur sempre un lavoro usurante e molto faticoso. Perché questo modello di vita non è semplice, è sacrificante. Il pastore non conosce i giorni in rosso del calendario, deve sempre badare e dar da mangiare gli animali.

La storia. Questa è la vita che ha scelto Claudio: «vivere a contatto con la natura e con gli animali». Non conosce altro mestiere. E fiero dice: «Non ho mai lavorato alle dipendenze, questo è il lavoro che hanno fatto i miei avi ed è quello che amo fare». Sì, una passione nata in famiglia. I Ferrara, allevatori da generazioni, sono partiti da Cava de’ Tirreni per approdare a Salerno, ma il loro cammino potrebbe non fermarsi a San Leonardo. Il destino li vuole sempre in transumanza.

A portare avanti la tradizione è rimasto lui, Claudio, perché gli altri due fratelli hanno scelto strade diverse. Testardo e determinato, il pastore di pecore di Salerno è andato avanti, anche quando la mamma, oggi ultranovantenne, voleva che studiasse e facesse un lavoro più comodo e al riparo dalle intemperie. Sebbene quello del pastore sia un lavoro che va scomparendo, la storia di Claudio e del suo gregge è la dimostrazione che ancora si riesce a vivere di pastorizia. Claudio ricava dalle sue pecore il latte che trasforma formaggio. I suoi sono prodotti biologici, precisa.

Sulla strada del ritorno. A fine ottobre è tornato a valle, a Salerno, per la transumanza al contrario. Altri 40 chilometri fino all’azienda, a San Leonardo. Lì il gregge resta per l’inverno, sperando che l’avanzata del cemento tenga. «Se non potrò più stare lì con le mie pecore pazienza, me ne andrò», dice Claudio. D’altronde un pastore è sempre in cammino.

Massimiliano Lanzotto

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