Antonio Attianese tra i suoi commilitoni (foto di Luigi Pepe)

LA STORIA

L’Italia a piedi per sostenere Antonio VIDEO

La commovente marcia dei commilitoni del ranger Attianese, malato di cancro per l’esposizione all’uranio impoverito

SANT’EGIDIO MONTE ALBINO. Una marcia a piedi lungo tutta l’Italia per salutare e dare sostegno al proprio compagno alle prese con una gravissima patologia collegata all’esposizione a metalli pesanti durante missioni militari all’estero. La staffetta, partita dalla Val d’Aosta, è arrivata nella mattinata di ieri a Sant’Egidio Monte Albino, sostenuta e attesa dall’associazione di motociclisti “i solidali” di Sant’Egidio, dai colleghi e dalla popolazione. A attenderli c’era Antonio Attianese, 38enne ex militare “Operatore Ranger” già in forza al quarto Reggimento Alpini Paracadutisti, è ormai debilitato dalla grave patologia collegata al tungsteno, privo di vescica e disabile. Solo dopo molti anni ha ottenuto il riconoscimento della causa di servizio, collegata al tungsteno, presente nel munizionamento adoperato nel corso delle operazioni a cui ha partecipato.
Il problema di salute è insorto tredici anni fa ed è stato rivelato da presenza di sangue nelle urine. Ed è collegato a due diverse missioni in Afghanistan una nel 2002 e la seconda nel 2003, la celeberrima Enduring Freedom.

1300 km a piedi per sostenere Antonio
E' arrivata a Sant'Egidio del Monte Albinio la commovente marcia del ranger Attinaese, malato di cancro per l'esposizione all'uranio impoverito (video di Luigi Pepe)

È il gennaio 2004 quando Antonio sta per partecipare al Campionato Sciistico Truppe Alpine(Ca.S.T.A.). Durante le consuete visite mediche non viene ritenuto idoneo per il problema delle urine miste al sangue. Svolge una visita più approfondita e scopre il tumore alla vescica. Da quel momento, sono tre operazioni iniziali, con la perdita della vescica e la ripresentazione puntuale, ogni volta, del cancro, con l’uso di una sacca per contenere l’urina, un travaglio fisico durissimo e spese senza copertura. Attianese ha undici cartelle cliniche diverse che documentano la patologia, ma registra ostilità interne per ottenere sostegno e riconoscimento, con missive inoltrate ad autorità, magistrati, procure e politici di ogni partito, con risposte ottenute dal capo di gabinetto del ministero della difesa e il capo di stato maggiore dell’esercito.
Padre di due bambine, sposato con Maria Forino, Antonio non è solo: lo sostengono gli amici, i familiari e i conoscenti, fino ai compaesani che ieri hanno affollato lo slargo all’esterno di casa. All’arrivo dei compagni di reparto, col traffico bloccato ,c’è la banda che suona l’inno nazionale tra le bandiere. «Questa è la storia di una battaglia», spiega uno dei soldati della staffetta, prima di salutare il compagno e darsi una sistemata, con lo zaino riposto e l’abbraccio. È una festa nel dolore, che rappresenta un esempio. «Non importano i nostri nomi, importa lo spirito, il senso di appartenenza e il fatto che non ci arrendiamo», spiegano i militari arrivati fino a casa di Antonio. Nel suo caso, le tante analisi del carcinoma vescicale svolte, con la successiva causa di servizio, meglio di ogni discorso raccontano le esposizioni ripetute ai metalli e agli elementi durante i lavori e le missioni all’estero, con ordigni inesplosi che venivano fatti brillare, con polveri inalate e ingerite inevitabilmente negli accampamenti.
Il saluto di ieri mattina al ranger ha richiamato anche il sindaco Fausto Carpentieri, che ha parlato di «ingiustizia e abbandono da parte dello Stato» e il consigliere regionale Alberico Gambino. Dal canto suo, il ranger non torna indietro, come ha sempre dichiarato fin dall’inizio della sua battaglia: «Rifarei tutto, amo la divisa, ma bisogna conoscere i rischi». Intanto numeri riportano cifre a due zeri per malattie collegate alle esposizioni a uranio impoverito e altri metalli pesanti adoperati nelle armi, nelle munizioni e nella fabbricazione di mezzi, con patologie e decessi sospetti. Ieri tra le persone strette a salutare Antonio c’era anche Francesco De Angelis, carabiniere alle prese con una patologia grave che combatte per il riconoscimento del legame tra un cancro e le missioni svolte all’estero.

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