L’inferno di Luca Primo buco a 18 anni «Mi sentivo escluso»

Il ragazzo è ospite della comunità “Verso la vita” di Capaccio La sfida di chi cerca di salvarsi senza terapie farmacologiche

SALERNO. «Alla base dell’assunzione delle droghe, di tutte le droghe, anche del tabacco e dell’alcol, c’è da considerare se la vita offre un margine di senso sufficiente per giustificare tutta la fatica che si fa per vivere. Se questo senso non si dà, se non c’è neppure la prospettiva di poterlo reperire, se i giorni si succedono solo per distribuire insensatezza e dosi massicce di insignificanza, allora si va alla ricerca di qualche anestetico capace di renderci insensibili alla vita». La tesi di fondo che anima “L’ospite inquietante” di Umberto Galimberti, filosofo, psicologo e saggista di successo, è che il mondo di oggi, in particolare quello dei giovani di oggi, sia pervaso dal nichilismo e dall’assenza di valori e di senso. E anche chi i valori ce li ha, non è estraneo alla sofferenza e cerca, appunto, anestetici. Come quelli a cui, appena 18enne, è ricorso Luca, nome di fantasia scelto per un giovane che al momento sta seguendo un percorso di riabilitazione nella struttura caritativa di Capaccio Paestum gestita dall’associazione “Verso la vita” fondata da Fausto Sabia.

Nel 2007 Luca viene adottato, insieme alla sua sorellina, da una famiglia di onesti cittadini del posto. Purtroppo non riesce ad ambientarsi nel suo nuovo nucleo familiare e comincia a frequentare cattive compagnie: «Mi sentivo giudicato, escluso, ignorato sul piano sociale ed umano – racconta il ragazzo – magari anche solo per il colore della mia pelle (Luca è di origini sudamericane, ndr) finendo per essere etichettato come un cittadino scomodo appena maggiorenne». Inizia così a sniffare eroina e cocaina per rabbia verso i suoi genitori, passando presto al “buco” dopo che la sua amata sorellina viene allontanata dalla sua famiglia proprio per via della sua condotta sregolata e pericolosa. Luca inizia così un percorso di autodistruzione; viene reclutato e gestito dai circuiti che diffondono la cosiddetta “felicità artefatta”, cerca di svincolarsi trovandosi un lavoro onesto ma sul suo percorso incontra imprenditori, agricoli ed edili, senza scrupoli che cercano solo di sfruttarlo. Tenta con la formazione, che si rivela “finta” e ripiomba nella droga. La sua sorellina viene quindi allontanata da lui. È quasi la fine ma la sua famiglia a cui lui si era ribellato lo salva con la forza dell’amore.

«Ora si sta curando, per se stesso e per la sua sorellina senza l’aiuto di medicinali sostitutivi», afferma Fausto, fondatore della comunità di cui Luca è ospite e che fa dell’assenza di farmaci la sua forza.

«Il numero di esseri umani che continuano a perdere la vita per uso ed abuso di eroina, nel modo classico con siringa nel braccio, è sicuramente calato dall’inizio del nuovo millennio, però va considerato un crescente numero di decessi conseguenziali all’uso di questo stupefacente, ma non sempre facilmente riconducibili ad esso, lo stesso vale per l’uso di cocaina ed altre sostanze che finiscono per alterare la struttura cerebrale dell’individuo e che causano collassi, sinistri stradali, suicidi ed altre morti anomale». Sono 240 in media i contatti che “Verso la Vita” riceve in un anno. Di questi almeno il 65 per cento intraprende un percorso rieducativo e riabilitativo in comunità: San Patrignano o altre senza aver bisogno di terapie farmacologiche sostitutive alla sostanza. Nell’ultimo quinquennio è aumentata del 70 per cento la domanda degli under venticinquenni affetti da nuove dipendenze. (fi.lo.)

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