IL LIBRO

L'emergenza rifiutiraccontata da Rabitti

In "Ecoballe" il docente universitario scrive di 14 anni di inquinamento ambientale e di business miliardario che si cela tra i sacchetti della spazzatura

Quattordici anni di emergenza per Napoli e Campania, una testimonianza shock raccontata nel libro "Ecoballe" di Paolo Rabitti (Edizioni "Aliberti" 2008). Ingegnere urbanista, docente universitario e ricercatore, consulente tecnico delle procure in alcuni dei più delicati casi di inquinamento ambientale, Rabitti si trova a svelare il business miliardario che si cela tra sacchetti di immondizia orfani e olezzo penetrante che ne consegue. Storie dove la camorra non c’entra nulla, se non come leggenda metropolitana, paravento della verità. Le sue relazioni per la Procura di Napoli sono fulcro d’accusa nel processo al presidente della Pegione Campania e ai vertici di Impregilo. Finalmente alla portata di tutti, i fatti dal ’98, quando l’allora ministro dell’Interno Giorgio Napolitano, diede il via all’ordinanza circa il progetto campano di moderna raccolta e smaltimento rifiuti. Di qui truffe e violazioni, dal bando all’azienda Fisia - Impregilo, che la commissione tecnica ha giudicato la peggiore tra le altre candidate, dove è evidente che non ci sarebbe mai stata alcuna produzione di compost (prodotto dal compostaggio della frazione organica di rifiuti urbani) e dunque si rendeva necessaria la raccolta differenziata. Quindi l’abissale diversità rispetto al progetto esecutivo, collaudi mai avvenuti, la risposta di Bassolino: «Ho firmato il contratto, ma non l’ho letto», a cui è stato riservato un capitolo, referenze fantasma richieste per mettere in atto il piano. Rabitti porta per mano i suoi lettori: tra spiegazioni tecniche e vicende di cronaca, donando scomodamente luce agli escamotages resisi necessari per aggirare le leggi. Un lavoro interessante che accompagna il lettore nell’individuazione degli obiettivi di questo marchingegno.
«Se c’è una cosa che è uscita a pezzi dalla vicenda campana - spiega l’autore - è la credibilità delle istituzioni. Chi chiede alla collettività sacrifici, deve almeno saperla rappresentare». L’utilizzo sbagliato degli impianti di Cdr, la stessa collocazione di impianti e discariche decise dai privati, autonomi da alcuna valutazione d’impatto ambientale previste per legge. E ancora uno dei nodi dell’affare, il contributo Cip6 (il 7% versato nella bolletta Enel), che dovrebbe essere assegnato alle energie rinnovabili come eolica, solare e altro. Diversamente il contributo è assegnato agli inceneritori, le cui norme di inquinamento sempre più spesso non sono rispettate.
Giuliana Giannattasio