L’emergenza continua è un salasso per il Comune

Per la mobilitazione in caso di pioggia si spendono ogni volta almeno 5mila euro Il sindaco: «La legge lo impone e ora paghiamo lo scempio degli anni passati»

La chiusura delle scuole e lo sgombero delle famiglie residenti nella fascia pedemontana hanno creato un’accesa discussione in città.

Le piogge dei giorni scorsi sono state solo il primo banco di prova di una stagione che si prevede molto lunga. Ad ogni annuncio di tempesta, dunque, cosa si farà? Le alternative restano poche o, addirittura, inesistenti. A dirlo è stato il sindaco Manlio Torquato: «Arriviamo a queste decisioni perché il livello di allarme è ripetuto e reiterato, con rischi davvero importanti per la collettività. Questo crea un importante stato di apprensione». A pesare è anche la storia recente: «Nella mente è vivo il ricordo della frana a Montevescovado, con tre morti, nel 2005. Ricordiamo ancora le immagini dei gravi allagamenti a Sant’Anna nel 2007, piuttosto che l’alluvione a Villanova e San Mauro nel 2012. Una tale soglia di reiterazione, di fronte ad un oggettivo mutamento climatico, non può lasciarci indifferenti». C’è poi il fattore responsabilità, aumentate dopo la riforma della normativa regionale in materia di protezione civile. Norme che caricano molte responsabilità sulle spalle dei primi cittadini. Queste decisioni preventive resterebbero, insomma, l’unica soluzione davanti a decenni di speculazioni edilizie e mancato rispetto della natura. È qui il problema, se infatti si parla di «prevenzione collegata alla bonifica dei valloni e alla regimentazione delle acque, si può intervenire», ma su altre cose non si può fare nulla: «Possiamo solo accodarci- ha detto Torquato – essendo mutate le condizioni di partenza. Con una città compromessa urbanisticamente possiamo bloccare ulteriori speculazioni, così come abbiamo fatto, ma non demolire città intere rappresentate da costruzioni fatte a ridosso dei canali e dall’abusivismo».

Il sindaco punta il dito contro la «compromissione edilizia della città», è questa la «principale causa» della continua emergenza vissuta. Il tutto ha dei costi. Un fine settimana di straordinari e reperibilità, più un centro di quartiere allestito per accogliere centinaia di persone, a cui si aggiungono spese per utenze e strumentistica, pesa sulle spalle dell’ente per non meno di 5 mila euro. Poco se si considera un’unica emergenza, ma se si dovesse ripetere la cifra diventerebbe cospicua. Occorrerebbe far leva sulla formazione e adottare provvedimenti mirati.

Ne è convinto Luca Pucci, esperto di protezione civile e ambiente, assessore per alcuni anni. «È comprensibile la strategia adottata dal Comune ma penso bisognerebbe fare qualche passo ulteriore, incidendo sulle situazioni più a rischio».

Poi: «La gestione dell’emergenza è un aspetto importante che non si può ridurre a chiudere le scuole. Immagino che in quelle più esposte a S. Mauro e Montalbino si possano creare percorsi di prevenzione, andando a incidere su una formazione e una preparazione più specifica nella gestione delle emergenze».

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