L'OPINIONE

L'effetto "M"

«Credo che al termine di questo governo molte cose saranno cambiate e il sistema politico sarà più civile, disteso e pacato rispetto al passato». Il Professore è garbato anche quando usa twitter, il social network del momento. Il settimanale di casa Berlusconi, “Panorama”, gli dedica la copertina con velata ironia (“I pensieri di Mario”; gli ultracinquantenni ricordano quelli di Mao); ma l’ossequio si fa esplicito con un sondaggio che fissa l’altalena del consenso in risalita al 57 per cento. Più che buono per un uomo che fino a cento giorni fa era sconosciuto alla maggioranza degli italiani.

Perciò, nonostante Monti dia la sensazione di occupare Palazzo Chigi con le valigie sempre pronte per il trasloco, la domanda da farsi è: quando davvero terminerà questo governo? E, giunti al 2013 ovvero alla scadenza naturale della legislatura, che cosa ne sarà di lui?

Non regaliamolo alla destra, ha detto Veltroni nell’ormai famosa intervista a “Repubblica” della settimana scorsa, gettando nello scompiglio il già scompigliato Partito democratico. Berlusconi ha alzato la posta; mercoledì al termine dell’incontro a ora di pranzo ha proposto al suo successore di restare alla guida del governo anche dopo il 2013. Quella stessa destra e quella stessa sinistra che negli ultimi 15 anni se le sono suonate di santa ragione ora si contendono la premiership montiana. I politici dunque si camuffano da tecnici nell'estremo tentativo di recuperare la credibilità perduta. Ma anche perché pensano di condizionare con il loro intereressato sostegno le scelte dell'esecutivo. Il Cavaliere continua a considerare la Rai cosa sua e mercanteggia futuri appoggi al salvataggio degli interessi Mediaset. Le lobby piccole e grandi stanno cercando di neutralizzare le liberalizzazioni. Il Pd di Bersani cerca di trovare una missione riformista nonostante i travagli sull'articolo 18. Il Pdl di Angelino Alfano cerca di sopravvivere al suo capo. E' di nuovo tempo di manovre di palazzo. Eppure i sondaggisti sono concordi nel rilevare il consenso elevato di Monti cui corrisponde il livello più basso toccato dai partiti. Se si votasse ora l'astensionismo sarebbe altissimo con il Pdl superato dal Pd. Ma nel potenziale elettorato democratico Monti incassa un giudizio positivo volando al 71 per cento contro un 60 riservato all'ipotesi di Bersani capo di un nuovo governo.

Ecco perché nonostante i distinguo dei capipartito e i maldipancia dei parlamentari "nominati" questo esecutivo "strano" continua a non aver alternative. Il Professore può rivendicare nel suo bilancio dei 100 giorni sacrifici per tutti (il che è sicuramente vero) e indicare il nostro paese come modello per l'Europa (il che non è ancora vero). Un presente duro e faticoso per chi ha sempre tirato la carretta mentre il futuro resta incerto e vago, specie per i giovani e le classi più deboli. E' un programma politico anche questo, reso possibile paradossalmente proprio dal vuoto della politica. E il fatto che siano dei tecnici a portarlo avanti non ne cambia la natura economico-sociale. Se ci si volta indietro, però, e si ripensa a ciò che era l'Italia appena quattro mesi fa; se si ripensa all'ex premier e ai suoi ancor più improbabili ministri, non si può aver affatto nostalgia. La svolta è netta. Tra gli oligarchi arricchiti e i competenti straricchi non c'è gara. Ma tra gli uni e gli altri ci sarà mai una terza opzione? Ecco, sicuramente il sistema politico cambierà. Ma per la maggioranza degli italiani sarà meglio?

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