«L’assassino mistifica l’accaduto» 

Mannese, pedagogista: lucida contraddizione tra il post d’amore su Fb e il delitto

Il femminicidio come emergenza sociale, e il senso di inadeguatezza dell’uomo in un mondo influenzato dall’“accelerazione frenetica” delle web. Ce lo spiega la professoressa Emiliana Mannese, docente di pedagogia generale all’università di Salerno.
In quali contesti maturano queste tragedie familiari?
«Gli omicidi avvengono in un contesto sociale dove la violenza è palese o latente ma certamente è legata al controllo, all'isolamento e al possesso di una donna, chiaramente percepita come oggetto. Siamo nell’ambito di una dimensione socio-affettiva dell’uomo che subisce una profonda alterazione tanto da diventare patologico e violento. I numeri sono impressionanti: dal 2000 ad oggi più di 3000 donne uccise da chi, poi, ha dichiarato di amarle, ma non ammetteva che queste ultime avessero deciso di interrompere la relazione. Da qui il tema tutto pedagogico dell’inadeguatezza a saper accettare un rifiuto».
Perchè l’assassino alle quattro del mattino del giorno del delitto posta su Fb un inno di amore alla famiglia?
«Spesso gli stessi assassini poco prima o appena dopo un evento violento sentono forte la necessità di mistificare l’accaduto. Parlano di famiglia, amore. E qui che il tema dei processi identitari e formativi fallisce. L’uomo non incontra più l’altro uomo in un contesto relazionale fatto di realtà e concretezza, l’altro non esiste se non come partecipe di un mondo virtuale».
Dal punto di vista pedagogico, poi, come vivranno i figli della coppia dopo la tragedia?
«Ci troviamo in una situazione dove la violenza vissuta dai bambini è diretta. Diventano orfani non per cause di forza maggiore, ma perché uno dei genitori produce questa condizione con la sua bestialità. Come formalizzerà tutto questo il bambino che dovrà sforzarsi a diventare adulto? Con quali metafore supererà la sua nuova condizione? E come rappresenterà la figura del padre-assassino? La scienza pedagogica cerca di lavorare su queste categorie, puntando sulla costruzione corroborata di una resilienza pedagogica capace di lavorare in maniera più efficace i vissuti di sofferenza». (g. f.)