Ad avellino

L’arte dissacrante della germanica Hopf

AVELLINO. “From down, from up & in between” è il titolo della mostra dell’artista tedesca Judith Hopf, promossa dalla Fondazione Donnaregina di Napoli in collaborazione con la Fondazione Morra...

AVELLINO. “From down, from up & in between” è il titolo della mostra dell’artista tedesca Judith Hopf, promossa dalla Fondazione Donnaregina di Napoli in collaborazione con la Fondazione Morra Greco, allestita a Palazzo Caracciolo di Avellino fino al 22 marzo.

Non sorprende il fatto che in una situazione complessiva di grande fermento s’inserisca il tratto morbido e penetrante, allo stesso tempo, della giovane Judith, che parte dalla temperie attuale per farne oggetto privilegiato della sua opera. Procede per segmenti profondamente impregnati di ironia, un elegante piglio satirico che tutto avvolge e avviluppa, trascinando in un gorgo solidamente radicato nella sua identità estetologica il fluire incontrastato delle correnti e delle prese di posizione, nell’arte come nella vita giocosamente investite dalla sua visuale vertiginosa. Giocosità, quindi, ed ironia, mai farsesca ma invece sempre solidamente abbarbicata e rappresa, nella sua essenza poetica, ad un appiglio critico che rinviene l’humus nel senso medievale del termine, che significa eminentemente trovare qualcosa, snidarla per renderla materiale da cui sia possibile estrapolare una idea di esposizione concettuale su cui esercitare la spinta critica di una ispirazione giovane, rigogliosa, come un terremoto che scuote l’adagiarsi concreto delle convenzioni nella cultura e nel vivere, intrisi nelle proprie fibre di quella contemporaneità sulla quale la Hopf incardina, stravolge, rimesta continuamente forme e colori, concetti e concrezioni che si riversano davanti ai nostri occhi tra un quadro e l’altro, installazioni e video.

Sculture e realizzazioni parimenti musive prendono corpo dalla visione di ciò che accade prospettivizzandone una matrice di soggettività. La concezione che informa l’ideologia culturale partenopea arriva qui ad avere una vetrina condivisa, e in certo qual senso disputata, con la matrice pagana che riguarda non solo la natura germanica ma anche quella insediatasi intorno al Vesuvio. Ad emergere, e a rispecchiarsi nella cifra hopfiana dove si arricchisce della genialità identitaria individuale, è dunque una unitarietà edificata su una serie di punti di cesura nei quali risalta il sopravvivere di credenze pagane, di cui l’autrice stessa è testimone per propria origine, e sistemazione cattolica del sapere e dell'esserci.

Ciro Manzolillo

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