L’Arpac torna a Cesarone I divieti restano in vigore

Domani le nuove analisi dei tecnici per verificare il livello di inquinamento Sel accusa politici e ambientalisti: «Latitanti». Capo ribatte: «Noi denunciamo»

CAPACCIO. L’ordinanza contenente le prescrizioni da seguire a tutela della salute pubblica, emessa dopo l’incendio della discarica abusiva, resterà in vigore fino all’esito dei nuovi accertamenti ambientali. Domani i tecnici dell’Arpac effettueranno ulteriori analisi per verificare le condizioni dell’area dopo la combustione dei cumuli di rifiuti accantonati nel sito di località Cesarone. A loro toccherà accertare se l’inquinamento ambientale supera la soglia di sicurezza. In base ai risultati, l’amministrazione comunale, guidata dal sindaco Italo Voza, deciderà se prorogare il divieto di consumare frutta e verdura e di far pascolare gli animali per i residenti nelle immediate vicinanze.

Ma il rogo verificatosi nella notte tra mercoledì e giovedì scorsi, sta scatenando numerose polemiche, politiche e non solo, anche sui social network. I cittadini lamentano la mancata tempestività nell’intervento di bonifica, che andava eseguito subito dopo il sequestro. In sette anni nessuno ha fatto niente e i cumuli di rifiuti sono cresciuti a dismisura nell’area andata poi a fuoco. A entrare nel merito della vicenda  è il segretario cittadino di Sel, Carmine Di Biasi: «Sotto gli occhi di tutti, degli amministratori e delle autorità preposte al controllo e alla vigilanza, si è consumato l’ennesimo disastro ecologico a danno della salute dei cittadini di Capaccio – accusa l’esponente politico – Una discarica a cielo aperto piena di materiali tossici di ogni tipo, posta sotto sequestro nel 2007, abbandonata a se stessa nell’assoluta latitanza di ogni organo di controllo, dagli amministratori comunali alle associazioni ambientaliste (o pseudo tali). Una classe dirigente incolta, spocchiosa e avida di un benessere effimero, si rivela incapace di governare le straordinarie risorse del nostro territorio. Chiediamo la mobilitazione di tutti coloro che desiderano un reale cambiamento nel modo di governare il bene collettivo, per garantire la conservazione e la tutela». Ma il locale circolo di Legambiente non ci sta a essere accusato di “disinteresse”. Il direttore dell’Oasi protetta di Torre di mare, Lucio Capo, ribatte: «Come associazione ambientalista non possiamo fare altro che denunciare – sostiene – È l’unico potere che abbiamo, ed è un’azione che facciamo quotidianamente. Per questa vicenda esiste una responsabilità amministrativa e della cittadinanza attiva. Doveva intervenire chi aveva il potere di disporre ed effettuare gli interventi di bonifica anche in danno ai proprietari, considerato che sono stati inadempienti».

Angela Sabetta

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