SAN MATTEO 2015

L'arcivescovo Moretti: «Dialogo con le paranze. Rispetto per la festa»

Porterà in municipio la reliquia del Patrono: «Benedirò i salernitani, non possono farlo i portatori»

Si dice «stracontento di essere il vescovo di Salerno», di quella comunità di cui non sapeva «nulla» quando gli fu proposto di assumerne la guida pastorale, ma che ha imparato ad amare «attraverso la conoscenza nel tempo». Gli ultimi undici mesi sono stati caratterizzati dal caos alla processione di San Matteo e dai contrasti con i portatori delle statue, ma monsignor Luigi Moretti conserva la sua serenità e si lascia andare anche a qualche battuta. Si dice fiducioso nella ricomposizione dello scontro apertosi con l’emanazione di regole precise sullo svolgimento della processione, regole che in gran parte sconfessavano la fisionomia che il corteo religioso aveva assunto nel corso degli anni. Una fiducia che nasce dalla disponibilità a raccogliere le istanze della comunità, pur ribadendo fermezza nel richiedere il rispetto dei ruoli e, soprattutto, della natura religiosa della festa del Patrono.

Eccellenza, cinque anni fa, quando era a Salerno solo da qualche settimana, al termine della sua prima processione di San Matteo da arcivescovo disse: “Ero abituato alle grandi celebrazioni di Roma, ma sono rimasto sorpreso dalla gioia e dall’entusiasmo che ho trovato lungo queste strade”. Dopo lo spettacolo poco decoroso di un anno fa, sottoscriverebbe ancora quelle parole?

Per certi versi sì. Anzi, mi appassiona ancora di più il modo in cui la processione viene vissuta, come momento di straordinario coinvolgimento. Ecco perché è necessario che essa esprima ciò che è proprio di un atto religioso.

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Per molti anni, la processione del Patrono è stata anche il modo per il sindaco Vincenzo De Luca per testare sul campo la propria popolarità. Anche in questo di religioso c’è poco.

Non entro nei particolari, ma posso dire che quando sono arrivato ho trovato solo critiche alla processione: tanti sacerdoti non partecipavano perché non la consideravano più un rito religioso. Mi auguro che ci sia senso di responsabilità da parte di tutti. La collaborazione tra le istituzioni ha ricadute positive.

Il documento della Conferenza episcopale campana con le regole sulle processioni doveva essere di aiuto ai parroci per evitare gli eccessi che in molti casi si registrano. Non crede che proprio i sacerdoti avrebbero dovuto fare di più per aiutare questo processo con un’adeguata sensibilizzazione dei fedeli?

Quel documento è un impegno preciso per tutti i vescovi della Campania. Siamo chiamati a far sì che queste manifestazioni, molto sentite, possano vivere una purificazione e un rilancio. Le parrocchie della nostra diocesi sono 163 e, dove più, dove meno, c’è stata quest’opera di sensibilizzazione, ma è questa la direzione. La festa di San Matteo acquista una dimensione esemplare: se il vescovo non fa rispettare le norme, cosa va a dire agli altri parroci... Siamo consapevoli che è un impegno che richiede tempo e, quindi, non mi scandalizzano le situazioni di difficoltà: mi preoccuperei se ci fosse solo un rifiuto delle regole.

Lo scorso anno, le regole specifiche dettate per l’Arcidiocesi di Salerno erano particolarmente stringenti. Quest’anno c’è stata una maggiore apertura alla tradizione. Una retromarcia?

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