L’Appello conferma il crac di Esa

Respinto il ricorso della società che aveva impugnato la sentenza di fallimento

Se illecito vi fu, nell’aggiudica e nella gestione degli appalti per piazza della Libertà, di certo non è bastato per evitare alla Esa costruzioni il baratro del fallimento. Il crac, già certificato in primo grado da una sentenza del Tribunale fallimentare di Nocera, è stato confermato dalla Corte d’appello, nonostante un ricorso con cui gli imprenditori avevano contestato parte dei debiti.

A pesare, nel far saltare i conti dell’azienda, è stato il crollo a piazza della Libertà, il successivo sequestro del cantiere e il blocco dei lavori, in cui erano impiegati circa cinquanta operai. Inoltre da quando il Comune ha risolto il contratto con il consorzio Tekton (che si era rivolto a Esa in subappalto e dopo il cedimento ha rifiutato di accollarsi i costi del ripristino del solaio) si è aperto non soltanto un buco nelle somme che si prevedeva di incassare fino al completamento dell’opera, ma anche un contenzioso sui corrispettivi per i lavori già eseguiti. L’impresa ritiene di avere diritto a ulteriori versamenti, Palazzo di Città sostiene invece di avere già erogato due milioni in più dei 19 milioni e mezzo stimati dalla direzione lavori, e ne chiede la restituzione.

Secondo i calcoli sullo stato passivo le somme che Esa deve pagare ai creditori superano i due milioni di euro, una cifra che la società ha provato a contestare e sulla quale ha pure evidenziato la disponibilità di uno dei creditori a una transazione che avrebbe consentito il pagamento del solo venti per cento. I tentativi del commissario liquidatore Armando Esposito non hanno però trovato l’adesione degli altri creditori, cosicché il Tribunale prima e la Corte d’appello poi hanno certificato il fallimento, rigettando il ricorso con cui la società sosteneva di avere ancora un patrimonio sufficiente a onorare i debiti. La vita della Esa può quindi dirsi conclusa, nonostante quei 2 milioni e oltre che secondo la Procura avrebbe incassato in maniera indebita per l’appalto della piazza (grazie a prezzi sovrastimati). E nonostante un’evasione fiscale di 757mila euro che gli sarebbe stata consentita da fatture false emesse dalla Ifil di Mario Del Mese. (c.d.m.)

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