L’Antimafia ora “sfratta” Michele Petrosino D’Auria

Pagani: non potrà più rimanere agli arresti domiciliari nella tenuta Criscuolo I commissari straordinari hanno deciso di sgomberare la struttura comunale

PAGANI. LA procura antimafia chiede un nuovo domicilio per il regime cautelare di Michele Petrosino D’Auria, attualmente ristretto nella proprietà Criscuolo in uso alla madre Giuseppina Ruggiero.

Il pm Montemurro ha chiesto al tribunale di Nocera che l’ex capocantiere di Pagani del consorzio di Bacino Salerno uno individui un altro luogo per la detenzione domiciliare a causa dell’incombente ordinanza di sgombero del fondo concesso alla sua famiglia dal Comune di Pagani.

Michele D’Auria Petrosino, pregiudicato considerato, col fratello Antonio, referente del clan Fezza-D’Auria, per la procura è il tramite dello scambio politico-camorristico al centro del processo contro il consigliere regionale Alberico Gambino. La sua vicenda detentiva, scattata nel luglio 2011 con la custodia cautelare, poi proseguita ai domiciliari in un’abitazione e sostituita con un periodo di permanenza nella struttura psichiatrica di Villa Chiarugi, dal marzo 2012 prosegue con restrizione in casa presso il domicilio di via Sant’Anna, proprio nel fondo affidato alla sua famiglia dal comune, su sua espressa indicazione.

Ma una volta predisposta l’ordinanza di sgombero per la proprietà Criscuolo di via San Rocco, da anni gestita dai D’Auria, la procura ha inoltrato al tribunale la richiesta di individuare un nuova casa per i domiciliari di D’Auria.

Lo sgombero riguarda sua madre, la signora Giuseppina Ruggiero, moglie del boss Gioacchino Petrosino D’Auria , coi figli attualmente sotto processo per voto di scambio politico mafioso e concussione. La procura antimafia, indica contestualmente il domicilio di via Corallo per la detenzione dell’imputato, con i giudici del primo collegio a ordinare una ulteriore verifica dell’effettiva disponibilità previo accordo della richiesta.

La proprietà in questione, ora utilizzata dal D’Auria per la sua misura, ha registrato negli anni accertamenti dell’ufficio tecnico comunale e della tenenza dei carabinieri, rilevando lavori illegittimi, cambio di destinazione d’uso con opere completamente abusive, un’ordinanza di demolizione del 27 maggio 2010 e un verbale di inadempienza alla demolizione del 10 giugno 2011, tutte ritenute condizioni sufficienti per lo sgombero e il rientro in possesso di un’opera di patrimonio comunale.

Quel bene è finito al centro della decisione della Corte di Cassazione che nel gennaio scorso dettò la linea per la sussistenza del vincolo mafioso nel processo Linea d’ombra.

Alfonso T. Guerritore

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