L’Angellara Home procurò alla Curia un ingiusto vantaggio

La trasformazione in albergo dell’ex colonia estiva non rispettava il Piano urbanistico del Comune

Per i giudici della Corte di Appello la condotta dagli imputati del processo Angellara Home determinò un ingiusto vantaggio patrimoniale. Depositate le motivazioni della sentenza che ha sancito “di non doversi procedere” nei confronti del vescovo emerito Gerardo Pierro. Con i titoli edilizi indebiti – dicono i giudici – si è determinato un incremento di valore dell’area che, nella fattispecie della colonia, poteva essere in futuro alienata o locata con evidenti vantaggi di tipo economico. Per i giudici di Appello l’unica funzione congruente con la finalità della zona dell’ex convitto era solo quella assistenziale ed educativa di colonia marina. Nelle motivazioni, inoltre, è specificato che è improprio ritenere che con l’entrata in vigore della legge regionale sulla disciplina delle attività extra-alberghiere, avvenuta nel 2001, l’ex colonia di San Giuseppe fosse diventata per dettato di legge una struttura turistico ricettiva “a rotazione d’uso”.

Riprendendo i pareri espressi dai periti sul progetto finito sotto esame della magistratura, i giudici specificano che l’Angellara Home aveva caratteristiche per ogni aspetto notevolmente superiori ai minimi di legge per essere classificata quale “casa religiosa di ospitalità”. Che non si trattasse di una struttura ricettiva con finalità sociali – scrivono i giudici – lo si comprese già all’inaugurazione nel 2005. L’Angellara Home fu presentato come centro di soggiorno e turismo. La colonia perdeva così la sua iniziale funzione per diventare di fatto un albergo. E non si poteva classificare più, anche catastalmente, come un convitto o un collegio. Detta trasformazione della maggior parte della colonia di San Giuseppe era avvenuta in sostanziale contrasto con il piano urbanistico. Sulla scorta di tali motivazioni, la Corte di Appello (presidente Francesco Pasquariello) emise lo scorso 19 marzo la sentenza con la quale veniva cancellata per prescrizione la sentenza di primo grado per il vescovo emerito Pierro (che fu condannato a dieci mesi di reclusione per la truffa). Sorte diversa per il suo ex cerimoniere, don Comincio Lanzara, condannato a nove mesi di reclusione (col beneficio della pena sospesa) per abuso d'ufficio, falso ideologico e false dichiarazioni a pubblico ufficiale. Anche per lui il reato di truffa è infatti caduto in prescrizione. Il collegio difensivo, composto tra gli altri dagli avvocati Paolo Carbone, Felice e Lorenzo Lentini, Giuseppe Saccone, Lucio Basco, Francesco Saverio Dambrosio e Arturo Della Monica, è già al lavoro per presentare il ricorso in Cassazione.

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