L’addio in lacrime al fratello scout

Ieri nella chiesa di San Gaetano i funerali di Michele Santoro, il 17enne morto per una caduta dalla bicicletta

In un clima quasi d’incredulità e di commozione, ieri mattina il rione La Mennola ha dato l’addio al giovane Michele Santoro, il diciassettenne che lo scorso 23 febbraio era entrato in coma dopo un incidente in bicicletta. Un lungo corteo di giovani, tutti in divisa blu e calzoncini corti e con le bandiere dei vari gruppi scout di Salerno, si è attestato sulle scalinate della chiesa di San Gaetano, in via De Caro. Al loro fianco un intero quartiere, che ha atteso in silenzio l’arrivo della bara bianca. A celebrare la messa è stato il parroco, padre Paolo D’Alessandro, ma sono stati proprio loro, i ragazzi del gruppo scout “Salerno 1” a spendere non soltanto parole, ma anche canzoni per l’amico troppo prematuramente scomparso. Ma soprattutto è stato con una lettera, scritta da Michele durante uno dei momenti fondamentali del suo cammino da scout, che i suoi compagni di viaggio hanno voluto ricordarlo. «Come spiegare perché sono uno scout? – leggono i giovani del gruppo, trattenendo a stento le lacrime - Forse è davvero l’unica cosa che ritengo impossibile. Però vorrei illuminare chi non sa dare questa risposta. Io vivo per gli scout. Gli scout sono la mia famiglia, che mi dona amore, gioia, amicizia. Essere scout ti dà una marcia in più anche nella vita. Una frase che mi ha sempre motivato è: nulla è impossibile». E poi altre frasi d’affetto e piene dei ricordi che Michele ha lasciato dentro non solo gli scout, ma anche dentro gli ex compagni di scuola dell’Istituto tecnico Focaccia che aveva frequentato fino al terzo anno, per poi terminare gli studi ed iniziare a lavorare insieme al padre, operaio edile. Michele adorava la bici, l’avventura, le escursioni all’aria aperta. E proprio la bici gli è risultata fatale in una delle tante giornate in sella. Domenica sera la tragedia in via Belvedere, dove il ragazzo ha battuto la testa in seguito ad una caduta da una scalinata. Poi il ricovero presso il Ruggi e i sei giorni di coma nel quale già si preannunciava il peggio. Tutto è finito venerdì sera, quando i medici hanno abbandonato ogni speranza di riportarlo alla vita. Già da giovedì pomeriggio infatti, l’attività cerebrale di Michele era terminata. Solo il cuore, tenuto in vita dai macchinari, lo teneva ancora al di qua della linea. Se da un lato però la tragedia di Michele ha lasciato il vuoto nel cuore dei suoi cari, dall’altro la scelta, seppur dolorosissima, dei genitori di permettere l’espianto degli organi ha già dato un segno di speranza a ben quattro persone che ora possono ritornare alla vita. Il cuore di Michi batte ora nel petto di un giovane ventenne pugliese, mentre il fegato è stato trapiantato in un paziente napoletano. Anche i reni e le cornee del giovane sono state donate ad altri pazienti del Napoletano e del Salernitano.

Emilio D’Arco

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