Indagine Dda, il dipendente parla

Rivelazioni agli inquirenti sul sistema di mazzette e sulle complicità nel Palazzo

Mazzette in cambio di licenze edilizie e false destinazioni urbanistiche. Il dipendente comunale è diventato prezioso collaboratore della Dda e dei pm Vincenzo Montemurro e Rosa Volpe, evitando la custodia cautelare in carcere, dopo l’informazione di garanzia suffragata anche da accertamenti patrimoniali e indagini accurate su atti amministrativi.

L’inquisito, infatti, ha svelato il sistema, a cui sarebbe a capo secondo le indagini. Uno scambio tra licenze, false destinazioni urbanistiche e soldi. Tanto denaro sulle cui tracce erano da tempo i militari del Gico. Un flusso di soldi delle tangenti che la guardia di finanza non si riusciva a spiegare. Ed è sulla base delle sue verità, che sono fondati gli accessi all’ufficio del personale e della ragioneria generale. L’ufficio del personale è stato scandagliato palmo a palmo. Con l’acquisizione delle delibere di giunta, degli ordini di servizio, delle piante organiche. Oltre che per capire chi facesse cosa, tra il 2005 ed il 2009, quegli atti sono necessari per inchiodare altri dipendenti comunali, di cui però chi sta collaborando non avrebbe fatto nomi ma solo allusioni. Perché si potessero aprire ristoranti ed altre attività produttive, era necessario non solo cambiare - dietro compenso - la destinazione urbanistica. Ma sulla base della stessa era necessario che chi doveva rilasciare la licenza che nè consentiva l’apertura non battesse ciglio e firmasse. Una complicità quindi, probabilmente dietro la suddivisione della mazzette, che non poteva non essere all’interno dello sportello unico attività produttive. E se magari l’immobile in cui si apriva era abusivo, occorreva anche una licenza edilizia in sanatoria. E quindi un contatto diretto all’Ufficio Condono. I vari dirigenti del settore urbanistica che in quel periodo si sono avvicendati alla direzione erano ignari di tutto.

Ma chi passava le carte da un ufficio all’altro no. E infatti gli accertamenti sul conto corrente sotto sequestro, aperto all’estero, avrebbero condotto a chi ha versato, soprattutto ristoratori, e chi ha prelevato da quel conto corrente. Un indagine fiscale complessa perché il conto sarebbe stato aperto in un paradiso fiscale, dove, tra l’altro è difficile acquisire dati e posizioni.

Vincenzo Lamberti

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