L'inchiesta

Incompatibilità De Luca, condannato ex capo staff

Un anno e sei mesi a Nello Mastursi, rinviato a giudizio anche il giudice Scognamiglio

NAPOLI.  Il giudice Anna Scognamiglio, coinvolta nell’indagine sulle presunte pressioni esercitate nel corso del giudizio sull’incompatibilità del presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, è stata rimviata a giudizio per il reato di induzione indebita. È stato invece condannato a un anno e sei mesi Nello Mastursi, ex capo staff del governatore.  

Sono cinque le persone rinviate a giudizio dal gip di Roma. Oltre al giudice Scognamiglio anche il marito Guglielmo Manna, l’avvocato Gianfranco Brancaccio, l’infermiere del Santobono Giorgio Poziello e il coordinatore in Irpinia delle liste a sostegno di Vincenzo De Luca, Giuseppe Vetrano. Per loro il processo comincerà il 18 settembre.

L’inchiesta è nata a novembre del 2015 scatenando una bufera politica che coinvolse anche il presidente della regione Campania, Vincenzo De Luca perchè tra gli indagati c’era il suo capo staff, Nello Mastursi, che a poche ore dall’avviso di garanzia si dimise dalla carica. La Procura ha sostenuto che gia da metà maggio del 2015, prima dell’insediamento di De Luca a capo della Regione, erano in atto una serie di ’pressionì esercitate da Guglielmo Manna, marito del giudice Anna Scognamiglio, per ottenere una nomina al vertice di in un’azienda sanitaria campana. La Scognamiglio era giudice relatore in due procedimenti riguardanti la sospensione di De Luca dalla carica di presidente della Regione, in forza della legge Severino.

L’attività di Manna, secondo i pm, aveva lo scopo di costringere De Luca e gli esponenti dello staff ad assicurargli un ruolo apicale nell’ambito della sanità campana in cambio di una sentenza favorevole al Governatore. Nel capo di imputazione i magistrati sostenevano che «Anna Scognamiglio, magistrato presso il tribunale civile di Napoli e giudice relatore nella fase di merito del ricorso intentato da De Luca contro la sospensione dalla carica di presidente della Regione, in concorso con il coniuge Guglielmo Manna, e con gli intermediari Poziello e Brancaccio, minacciando De Luca, per il tramite di Vetranono e Mastursi, di una decisione a lui sfavorevole da parte del tribunale con conseguente perdita della carica ricoperta, inducevano il medesimo a promettere a Manna la nomina ad una importante carica dirigenziale nella sanità campana». «Io non faccio il direttore generale e va bene, però tu non farai il presidente della Giunta regionale. Io perdo 5 tu perdi 100».

Fu questa una delle più emblematiche conversazioni intercettate captate dalla polizia giudiziaria a Guglielmo Manna, mentre parlava in un’auto con l’avvocato Gianfranco Brancaccio il 20 agosto del 2015. E ancora: «Ho fatto un investimento il 17 luglio - giorno della decisione del Tribunale - ma mi deve essere ancora ritornato». De Luca, in un primo momento fu iscritto nel registro degli indagati ma poi la sua posizione è stata archiviata.