LA SENTENZA

Incidente mortale a Sassano, condanna confermata 

Cinque anni anche in Cassazione per Salluzzi, il giovane che travolse e uccise una giovane mamma

SASSANO. La Cassazione ha confermato la condanna a cinque anni di reclusione, dieci mesi di arresto e quattromila euro di multa nei confronti di Enrico Salluzzi, per i reati di omicidio colposo aggravato dalla guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di sostanze stupefacenti e di omissione di soccorso. Il trentaseienne di Sassano il 9 maggio del 2015 travolse e uccise con l’auto, a Sassano, Carmen Elena Pavel, giovane mamma rumena di 27 anni. I giudici di secondo grado a giugno dello scorso anno avevano confermato la condanna di primo grado con il rito abbreviato. Il Gup del Tribunale di Lagonegro allora era andato oltre le richieste del pm che aveva chiesto la condanna di Salluzzi a 4 anni e 2 mesi di reclusione, 10 mesi di arresto e 3600 euro di multa.
Erano le 4 del mattino quando Carmen Elena Pavel si stava recando in bici in una panetteria del posto. Mentre percorreva via Croce, fu travolta dalla Honda Civic guidata dal trentasettenne in preda ai fumi dell’alcool e agli effetti di cocaina e cannabis. Dopo un volo di circa dieci metri, la giovane finì con tro un cartello della segnaletica stradale e morì sul colpo. Fondamentale per la ricostruzione della dinamica dell’incidente furono le riprese di alcune telecamere di videosorveglianza e il racconto di una testimone.
Salluzzi subito dopo aver investito la Pavel a una velocità di circa 100 chilometri orari, in una strada dove il limite è di 50, era sceso dall’auto ma invece di chiamare il 118 era salito nuovamente a bordo del veicolo e si era allontanato. La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’avvocato di Salluzzi che aveva chiesto di annullare la sentenza per tre motivi: il prelievo ematico che sarebbe stato effettuato senza il consenso dell’imputato e al di fuori di un protocollo medico di pronto soccorso; il mancato riconoscimento dell’attenuante prevista per chi ha risarcito i danni causati; il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. I giudici hanno ritenuto invece che non vi sono vizi di legittimità nella sentenza di appello e hanno condannato il giovane anche a pagare duemila euro in favore della Cassa delle ammende.

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