Inchiesta sui pontili dello scalo commerciale "Al Masuccio occupazioni abusive"

La Procura ha notificato la conclusione delle indagini a club e ormeggiatori. Contestati lo sforamento delle concessioni sui fondali e il danno al paesaggio

Guardando sulla superficie dell’acqua sembrerebbe tutto in regola: le banchine galleggianti non occupano un centimetro in più di quanto è scritto nero su bianco sulle concessioni demaniali, risalenti in buona parte a decenni fa. Sotto il livello del mare, però, qualcosa non quadra, perché per ancorare i pontili al fondale molti concessionari si sono spinti con corpi morti e catenarie oltre i confini della concessione, invadendo un’ambiente marino che è patrimonio del Demanio e soggetto a un regime di protezione. È questo l’oggetto di un’inchiesta giudiziaria che coinvolge quasi tutti gli ormeggi cittadini per imbarcazioni da diporto, dall’area dello scalo commerciale al “Masuccio” di piazza della Concordia, e di cui il sostituto procuratore Maria Carmela Polito ha tirato ora le fila con un avviso di conclusione delle indagini. Nel mirino ci sono i principali pontili del molo Manfredi, ma anche quelli del Circolo Canottieri Irno e di Lega Navale e Club velico al porto turistico. Secondo l’accusa hanno occupato uno spazio di mare più ampio di quello consentito dai permessi, allungandosi con i mezzi di ancoraggio ai fondali ben oltre il cono d’ombra delle strutture galleggianti. Abbastanza per formulare i capi d’accusa di occupazione abusiva di demanio marittimo e ipotizzare anche un danno paesaggistico, sebbene la stessa magistratura non abbia ritenuto che vi fossero esigenze cautelari per giustificare un provvedimento di sequestro. Si è andati così avanti fino all’avviso di conclusione delle indagini, che adesso dà venti giorni di tempo ai coinvolti per provare a chiarire agli inquirenti la propria posizione prima che scatti la richiesta di rinvio a giudizio.

L’inchiesta si è svolta nell’arco di un semestre e ha preso origine da una segnalazione inoltrata al comitato portuale dall’imprenditore Agostino Gallozzi, che nello scalo di via Ligea ha la sua impresa di logistica per le operazioni di carico e scarico dalle navi container. Era il luglio dello scorso anno, e l’Autorità portuale ordinò a tutti i concessionari di produrre una perizia giurata sullo spazio acqueo occupato. Le perizie furono commissionate e tutto l’incartamento finì sul tavolo dell’Authority, che a sua volta lo trasmise alla Capitaneria di porto. L’inchiesta partì d’ufficio. Dall’esame dei documenti erano infatti emerse discrasie tra gli spazi invasi e il perimetro della concessione, rispettato in superficie ma sforato con le opere sott’acqua. Con atti e misurazioni alla mano, sono bastati pochi mesi alla Procura per formulare i capi d’imputazione e chiudere le indagini. Parte degli indagati non era neanche a conoscenza dei dettagli degli ancoraggi, eseguiti svariati anni prima, ma in ossequio alle norme sul reato “permanente” gli avviso sono stati notificati a chi era alla guida di società e associazioni quando il presunto illecito è stato scoperto.

Sulla vicenda pesa inoltre un procedimento amministrativo, perché l’Autorità portuale ha chiesto agli ormeggiatori di rientrare nei limiti delle concessioni e qualcuno ha fatto riorso al Tar. L’udienza ci sarà a fine aprile, ma intanto l’Authority ha concesso termini per la messa in regola. Come dovrà essere attuata non è ancora chiaro: per alcuni tecnici è sufficiente rimodulare le angolazioni delle catene, senza intaccare la superficie dei pontili, per altri una modifica degli ancoraggi co*mporterà giocoforza una minore estensione delle banchine e una riduzione dei posti barca.

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