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In carcere per due giorni: gup proscioglie i vertici “Doria”

I manager furono arrestati per smaltimento illecito di rifiuti: il giudice ha sancito il “non luogo a procedere”

ANGRI. Quattro anni fa, rimasero in carcere per 24 ore con l’accusa di smaltimento illecito di rifiuti: ieri sono stati prosciolti da ogni accusa. Un “abbaglio” costato, ai vertici dell’azienda “La Doria”, società conserviera di Angri quotata in Borsa e con sedi in tutto il mondo, quattro anni di processo presso il tribunale di Napoli. Il giudice per le udienze preliminari, De Gregorio, ha scritto la parola fine a un’inchiesta, partita dalla Procura di Nocera e approdata per competenza al Tribunale di Napoli, che vide finire in carcere, il 23 febbraio del 2011, nove persone: il direttore generale de “La Doria”, Andrea Ferraioli; il direttore generale di una supply chain (azienda di supporto), Giuseppe Cuomo; i procuratori legali dell’azienda di Angri, Sergio Amato, il procuratore legale de “La Doria” di Sarno, Gaetano Di Dio, il procuratore legale de “La Doria” di Fisciano, Susanna Cuomo, il rappresentante legale del laboratorio di analisi “Geisa” di Salerno, Giovanni D’Ambrosio, il direttore del laboratorio analisi, Luigi Sorrentino, e i due proprietari di cave a Foggia e Cava de’ Tirreni, Giuseppe Milito e Giuseppe Di Nisi.

A spingere il gip Giordano, su richiesta del pm Bisceglie, ad arrestare i nove e a indagare altre 11 persone un codice Cer che identifica i rifiuti da smaltire. Secondo l’accusa, i vertici de La Doria, per risparmiare sui costi del conferimento dei fanghi di lavorazione di tre stabilimenti di trasformazione del pomodoro, riuscivano con la complicità di un laboratorio di analisi chimiche salernitano a declassificare il Cer (codice europeo dei rifiuti). Ciò consentiva di conferire i rifiuti speciali non pericolosi in due impianti di Cava de’ Tirreni e Cerignola in provincia di Foggia.

Ma quel codice Cer era esatto , come dimostrarono i difensori degli indagati nelle primissime ore dopo l’arresto. Gli avvocati Antonio Sarno e Lucio Maiorano dimostrarono che non c’era nessun imbroglio nel conferimento dei fanghi di lavorazione, tanto che il gip Giordano scarcerò tutti i principali indagati. Ieri il gup ha dichiarato il “non luogo a procedere” per tutti gli imputati per i quali era stato chiesto il rinvio a giudizio. Venti in tutto le persone coinvolte, tra vertici della multinazionale con sede ad Angri e le società che si occupavano del trasporto dei fanghi di lavorazione. (r. f.)