In carcere il prestanome di Messina Denaro 

Respinto dalla Cassazione il ricorso del marzanese Vincenzo Torino che è stato arrestato

Arrestato Vincenzo “’o aulivaro”. Il cinquantanovenne Vincenzo Torino di San Marzano sul Sarno, difeso dall’avvocato Fortunato De Felice, è stato riconosciuto responsabile di essersi intestato fittiziamente i beni riconducibili al clan di Matteo Messina Denaro, ritenuto l’attuale capo della mafia. La Cassazione ha infatti respinto il ricorso in Appello presentato da Torino e dovrà scontare tre anni e tre mesi di reclusione. Ad arrestare il marzanese, ieri mattina, sono stati gli agenti del commissariato di Sarno.
Torino era stato finito al centro di un’importante inchiesta della Dda di Trapani sui beni del “capo dei capi”. “’O aulivaro”, originario del Napoletano e residente da anni a San Marzano sul Sarno, è conosciutissimo anche in vari mercati della provincia di Salerno e Napoli, essendo venditore ambulante di olive (da cui il soprannome) di ottima qualità, lupini e frutta secca. Visto che la zona di Trapani è tra le maggiori produttrici di olive di qualità, proprio in occasione degli approvvigionamenti della materia prima in terra trapanese Torino avrebbe avuto contatti con la realtà locale e sarebbe venutto a conoscenza della possibilità di ricevere in fitto dal tribunale l’azienda “Fontane d’oro sas” di Campobella di Mazzaro, una società riconducibile a persone nell’orbita di Messina Denaro, un oleificio finito da anni al centro delle inchieste della Dda. Come ricordano le cronache giornalistiche di quattro anni fa, «la struttura non deve chiudere altrimenti non c’è più fonte di guadagno. Meglio far restare la struttura aperta e non abbandonarla», avrebbe detto Torino, considerato uno degli indispensabili del gruppo per far rimanere l’oleificio nell’orbita del clan di Matteo Messina Denaro.
La Dda di Trapani ha ritenuto che quella non fosse un’operazione genuina di fitto da parte del marzanese, ma una fittizia messa in campo da venditore di olive con la “Torino Ciro”, ditta individuale intestata al figlio (finito nell’ambito dell’indagine sulle auto a Salerno dello scorso anno e mai indagato nell’inchiesta della Dda di Trapani).
Il marzanese Vincenzo Torino è stato condannato in primo grado a tre anni e sei mesi di reclusione per intestazione fittizia di beni, saliti poi in Appello a quattro anni per il riconoscimento dell’aggravante dell’aver favorito la cosca trapanese. Torino ha ottenuto l’annullamento della misura di prevenzione patrimoniale con il relativo dissequestro di tutte le sue società (ritenute messe su con soldi di provenienza lecita), tra le quali anche la “Torino Ciro”, e fra pochi giorni avrebbe terminato anche la misura preventiva personale con gli obblighi previsti sulla libertà di movimento. Respinto il ricorso per Cassazione, per Vincenzo Torino si sono invece aperte le porte del carcere di Salerno.(s. d. n.)
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